I rapporti tra Genova e Bergamo, la grande Berghèm, sono sempre stati molto stretti: forse non tutti sanno, infatti, che i camalli della Compagnia dei Caravana, progenitrice dell’attuale Compagnia Unica, scioltasi nell’immediato dopoguerra, provenivano in gran parte dalle gaudenti e verdeggianti valli orobiche.
Fin dal XV secolo, infatti, i lavoratori del porto venivano selezionati nella Bergamasca, in particolare nelle valli Brembana, Brembilla ed Imagna, dove pare vivessero uomini fortissimi e giganteschi. La leggenda vuole che le dimensioni tanto spropositate fossero dovute ad un particolare tipo di latte di capra, che le madri bergamasche facevano bere ai loro bambini. Pare fosse un latte miracoloso, spillato dalle zinne di una capra di un pastore di Treviglio, venerata al pari di una dea. In un antico statuto della Repubblica di Genova, l’origine lombarda viene menzionata come conditio sine qua non per far parte della Compagnia:
“Niuno presumi di venir ammesso nella Caravana, se non sia di Bergamo. Mani grandi et anco gambi forti, per niuna ragione sentir la fatica ammesso”.
Seri, rigorosi e religiosissimi, nonostante una forte propensione al turpiloquio, i lavoratori bergamaschi si guadagnarono nel corso dei secoli la stima dei locali, distinguendosi per abnegazione, coraggio e generosità, soprattutto in caso di emergenze, carestie o epidemie.
Tralasciando questa breve digressione storica sulle relazioni secolari tra le due città, veniamo molto più prosaicamente al consueto bilancio degli incontri disputati tra Samp e Atalanta a Marassi: partite quasi sempre intense come un buon passato di verdure, e talvolta dall’esito sorprendente; 41 incontri in A, 24 successi blucerchiati, 12 pareggi e 5 affermazioni della Dea.
L’esito dell’ultimo incontro fu parecchio imbarazzante per noi: il 4 novembre 2012, i nerazzurri prevalsero 2-1, mettendo seriamente nei guai Ciro Danette ed il suo pantagruelico vice Peruzzi, alla sesta sconfitta consecutiva in campionato. Dopo nemmeno due minuti un De Silvestri lento ed impacciato (me lo ricordo, pareva avere una roulotte attaccata al deretano), ben lungi dall’essere il pornostantuffo di oggi, il pistoncino che fa su e giù sulla fascia, si fece “uccellare” (tanto per restare in tema) all’altezza del secondo palo dal Signor Bonaventura il quale transitava casualmente da quelle parti, e che si ritrovò sempre casualmente questo oggetto sferico tra i piedi, e, non resistendo all’impulso primordiale di calciarlo, trafisse il sempre più triste “tanguerio de barrio” Romero con un tocco di esterno da pochi passi.
Maresca, oggi lo ricordiamo con tristezza panciuto e disperso in quel di Bogliasco, pareggiò i conti nella ripresa con una clamorosa rovesciata da trequarti che provocò urla di gioia e strilli di isterismo in noi tutti, come se avessimo assistito ad un miracolo in diretta. Ma la nostra gioia durò molto poco… il puntero De Luca si vendicò della sconfitta subita nella finale dei playoff con il Varese, regalando i tre punti agli ospiti.
Tale batosta arrivò dopo ben 4 successi consecutivi: l’incontro del 28 febbraio 2007 passò alla storia per l’ultimo gol (decisivo) di Fabio Bazzani in maglia blucerchiata; Mazzarri ottenne due successi su due, entrambi netti; Delneri si vendicò della squadra che l’aveva rilanciato presso il grande pubblico, grazie alle reti di Palombo e Pazzini, nel giorno in cui Cassano (ai tempi in rotta con la società e l’allenatore) rifiutò il trasferimento alla Fiorentina.
Memorabile in negativo l’incontro del 24 marzo 1996: in vantaggio 2-0 alla fine del primo tempo grazie alle reti di Balleri, l’uomo con la faccia attorno ad un neo, e Chiesa, i blucerchiati finirono bastonati dalle prodezze di Vieri, Morfeo e Daniele Fortunato (argh!).
I tifosi ricordano con un certo ribrezzo una partita ancora più avvilente: il 20 ottobre 1991, i blucerchiati campioni in carica si dimenticarono di esserlo contro gente del calibro di Stromberg, Caniggia e tal Carlos Alberto Bianchezi (inspiegabilmente noto come Careca III). Una prestazione fantasma permise ai bergamaschi di passare 2-0 proprio grazie alle reti del tiratore (in tutti i sensi) argentino e del pedatore brasileiro.
E dire che, esattamente l’anno prima (21 ottobre 1990), era andata ben diversamente: orobici al sacco, gentilmente offerti dalla premiata ditta Branca e Mancini, e trionfo 4-1 davanti ad una Sud in festa.
GLI EX – Un ex di peso tra i blucerchiati: Manolo, il nostro freeclimber, infatti, è nato a Calcinate (paese natale anche di uno stopper di caratura imperiale transitato dalle nostre parti, un certo Pietro W.) ed è cresciuto nelle giovanili nerazzurre: esordì in prima squadra nel marzo 2010, totalizzando appena 2 presenze in una stagione disgraziata per gli orobici. Dopo un anno in prestito al Cittadella, Gabbiadini rientrò all’ovile, diventando una delle principali rivelazioni della stagione 2011-12.
Tre ex blucerchiati nell’Atalanta: il ruvido e gentile Stefano Lucchini (assente sabato per infortunio) fu una colonna difensiva della Samp tra il 2007 e il 2011, talvolta schierato al centro con Gastaldello, talvolta sulla fascia destra, senza mancare all’appello nemmeno nei tempi bui del Comitato Strategico.
L’intellettuale Guglielmo Stendardo, detto “O Avvocato”, arrivò da Napoli nel ’98, appena diciassettenne, pieno di brufoli ed entusiasmo. Dopo un anno nella Primavera, il difensore fu aggregato alla prima squadra nel pieno del medioevo blucerchiato. Lasciò Genova dopo cinque stagioni: non riuscì mai a conquistarsi il posto da titolare (appena 33 presenze in 4 stagioni), ma il suo apporto fu sempre apprezzato da allenatori e tifosi, anche grazie alla favolosa imitazione di Pino Daniele con cui era solito allietare il post-partita.
Guido Marilungo, conosciuto anche come “Mary Long” arrivò a soli 14 anni a Genova dall’oscuro eremo di Ascoli Piceno.Toccante il momento in cui, spaesato, scese alla stazione Principe con la sua valigina di cartone contenente pochi indumenti ma molte, moltissime, olive all’ascolana che gli aveva preparato la mamma per aiutarlo a combattere la nostalgia. La valigia si ruppe dopo pochi passi e l’intera banchina ferroviaria si riempì di olive farcite… c’erano olive ovunque, cazzarola!! Ma non divaghiamo… L’attaccante disputò diverse stagioni nelle giovanili blucerchiate, vinse da protagonista uno scudetto Primavera ed esordì in prima squadra nel 2009. Rientrò a Genova nel 2010 dopo una grande stagione a Lecce: si contende una maglia da titolare con Pozzi, ma alla prova dei fatti risulta acerbo (non segna nemmeno una rete) e, in un periodo critico per la squadra (Cassano cacciato e Pazzini in odore di cessione), viene spedito in via definitiva a Bergamo senza complimenti.
1 commento
Rimango sull’antico. Il termine “Caravana” è per me una sorta di “madaleine proustiana”.Mi ricorda infatti quando mio nonno diceva “Vaggo da o caravana” che era una suo caro amico.Mah…… O tempora, o mores!