Terzo appuntamento con la Rametta blucerchiata, l’autore è Roberto C., prestigioso tifoso doriano, già autore della Rametta per le pagine de Il Lavoro.
Mi rendo conto che il tempo vissuto da ogni generazione, nell’ora del ricordo, diventi inevitabilmente l’“età dell’oro”. E’ come se ciascuno volesse preservare ed esaltare al tempo stesso quella parte della propria vita che mai più ritornerà ed in nessun modo potrà rivivere. Quindi può essere arduo rievocare un mondo passato, il nostro, quello dei cosiddetti “baby boomers”, e svolgerlo in racconto rivolgendosi a generazioni nate nel pieno dell’era tecnologica che non potrebbero concepire quel tempo “vintage” che invece è stato il mare in cui noi abbiamo navigato. Noi pochi, noi felici pochi, noi manipolo di fratelli. No, no che sto dicendo! Ogni volta che, enfaticamente, penso o scrivo il termine “noi” mi faccio trascinare dall’Enrico V nella battaglia di Azincourt.
Ma torniamo a noi. Noi che, ne sono pienamente convinto, siamo forse gli unici nella storia ad avere vissuto in un grande spartiacque ideologico e filosofico a cavallo tra due epoche, antica e moderna. Siamo passati da Claudio Villa e Luciano Tajoli ai Beatles e Rolling Stones, per non parlare di tutti gli altri grandi “complessi” (le band allora si chiamavano così). The Kinks, The Who, Beach Boys, Yardbirds, Doors ecc… Voglio dire, si può immaginare una vita così diversa da questa, ad esempio senza frigorifero, lavastoviglie, e soprattutto televisione? Così è stato per me fino all’età di 14 anni. Certo la TV la vedevo, ma al bar o in casa di un amico quasi-ricco e non potete immaginare come poteva essere.
Oltre al bianco e nero. Il calcio, per noi giovani dell’epoca, era un’emozione da vivere alla radio (quando non si andava allo stadio). ”Tutto il calcio minuto per minuto” era il nostro riferimento. C’è anche adesso ma allora aveva un sapore quasi epico anche perché le distanze “mentali” erano enormi e bisognava lavorare molto di fantasia. In quel tempo i soldi e il “mercato” ancora non avevano rovinato il “gioco più bello del mondo”.
Ogni squadra aveva un’identificazione ben precisa, la formazione era quella, numerata dall’1 all’11 e la si conosceva a memoria. E non solo quella della Samp. La grande Inter di Helenio Herrera ad esempio. Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarnieri, Picchi, Jair, Mazzola, Di Giacomo (poi Peirò) Suarez, Corso. Sembrava una sorta di mantra calcistico.
Che tempi! Direbbe Govi. C’era una trasmissione, alla radio, la domenica, che si chiamava “Il Gazzettino della Liguria”. Andava in onda alle ore 14.00 e la si ascoltava prima di andare a Marassi (e sì perché una volta si andava al botteghino dello stadio, si diceva “gradinata” si prendeva il biglietto e si entrava semplicemente, cose dell’altro mondo…) o prima di sentire la cronaca delle partite. Dopo aver ascoltato le peripezie del grande (e purtroppo dimenticato) comico genovese Giuseppe Marzari (O Sciu Rattella) si aspettava la rubrica dei coniugi tifosi interpretati dai due attori Andrea Salvo e Jole Gardini alias Charlie e Texo (Tesciu). Lui genoano e lei sampdoriana. Ma si dice che nella vita Andrea fosse doriano…
In fondo ho fatto questo lungo pistolotto per arrivare a raccontare un bellissimo scambio di battute tra i due che mette in evidenza, oltre alla classicità dell’umorismo genovese, quella sana acidità che è alla base della dialettica “tifoidea”.
Perché la risposta della “nostra” Texo è veramente velenosa! Dice Charlie, in un momento di esaltazione “Il Genoa è in ripresa!!” e lei con una stilettata al cianuro “Ma o l’è o primo tempo che o va sempre ma’ “ (la o si legge u e non credo si debba tradurre il resto..). Chissà se in tempi di Zelig la battuta risulti sempre efficace. Per quanto… Quella era la semplicità di un tempo forse più ingenuo ma credo sicuramente più sano. Nel calcio e non solo.
E i Presidenti delle società erano personaggi carismatici come il grande Angelo Moratti e non si sognavano di entrare in politica… Alla Samp, quella del primo “quarto posto”, comandava Alberto Ravano, una notevole figura, direi il padre putativo ante litteram del più grande di tutti, Paolo Mantovani. I ricordi si affastellano nella mente. Meglio chiudere, lo spazio è tiranno. Dagli… scavi etruschi un saluto
Roberto.