Il grande blucerchiato Roberto C, decano dei tifosi blucerchiati e già autore di una rubrica doriana sulle pagine de “Il Lavoro” ci scrive commentando l’inizio di stagione della Sampdoria.
Viviamo un tempo in cui i termini critica e autocritica, tesi e antitesi, risultano anacronistici e del tutto sconosciuti. A tutti i livelli è venuto a mancare il piacere della discussione, non dico come avveniva nell’agorà dell’antica Grecia tra i peripatetici aristotelici che si incontravano appunto nel Peripato (colonnato) a discutere dei grandi problemi esistenziali, ma almeno come succedeva in anni passati quando dibattiti e dispute, specie in ambito politico, erano il sale della convivenza.
Ora si grida e si insulta ed il latrare continuo impedisce, di fatto, il piacere della comunicazione e soprattutto dell’ascolto di un pensiero che potrebbe essere diverso dal nostro.
Prendiamo il mondo del calcio. Personalmente mi sento abbastanza imbarazzato per aver manifestato idee tanto divergenti rispetto ad una realtà che si sta manifestando in contorni del tutto inaspettati. Parlo della Samp, ovviamente.
E giustamente mi si potrà obiettare (tesi…antitesi) che è giusto criticare quando si ritiene questo atto del tutto legittimo. Ma è proprio questo il punto.
Quando il giudizio, ad esempio di un tifoso, è pertinente nel quadro generale (società, allenatore, giocatori ecc..) in cui si delinea un’azione?
Ecco il motivo che mi riguarda personalmente. Penso di non avere tutti gli elementi per pormi a giudice e quindi può essere il caso che, avendo sbagliato nel valutare un cattivo intendimento, mi sia posto in una posizione in cui il biasimo altrui sia del tutto giustificato. La sto facendo un po’ lunga, o come direbbe mia moglie, troppo arzigogolata. Il fatto è che ogni anno ci si accapiglia, all’inizio, sugli aspetti, definiti deleteri, di campagne acquisti fallimentari per le quali si contestano aspramente gli operatori di mercato e si esaltano giocatori che lasciano la maglia blucerchiata (Torreira, Zapata, e prima Muriel, Schick ecc..) salvo poi salutare con molta diffidenza i nuovi arrivati definendoli, già prima di averli visti giocare, mediocri o bidoni nel peggiore dei casi. Nel caso specifico non considerando, ma questa potrebbe essere una spiegazione forzata e folkloristica, la potenza della “maledizione blucerchiata” che colpisce, prima o poi, quelli che decidono di abbandonare la maglia più bella del mondo (vero Strinic, vero Schick?). I nomi citati tra parentesi (a parte Torreira, ma lo sapremo presto) sono lì a testimoniare la deriva che sistematicamente percorrono gli apostati doriani. Se dico (ma non dovrei…….per i motivi di cui sopra) che i nuovi non faranno rimpiangere i vecchi ma che anzi sono assai migliori potrei essere definito eccessivamente ottimista. O anche parlare di uno che veniva definito ferrovecchio, inutile e buono tuttalpiù per la panchina (Barreto), che non solo si sta confermando giocatore importantissimo ma, parole di Giampaolo, “porta in campo il mio pensiero”.
Riguardo al neo giallorosso Schick mi viene proprio da dire che abbiamo fatto un bel pacco alla Roma! Anche se le qualità intraviste a Genova sembravano buone ma a volte è il contesto che paga o condanna. Vedremo. Certo il mondo del calcio è assai strano. Ci sono squadre, per non voler parlare di questioni che non dovrebbero interessarci, che hanno azzeccato un solo acquisto e se non avessero preso quell’autentico jolly a tutt’oggi avrebbero fatto si e no due punti. Poi ci sono le società grandi per tradizione familiare come la Juventus e quelle che sono strutturate sulla base organizzativa costruita su un grande numero di soci a cinque zeri (Barcellona, Real Madrid) ed infine quelle sviluppate, partendo quasi dal nulla, sulla forza dei petrodollari (PSG) o ricostruite con la potenza dei magnati russi (Chelsea).
Poi ci sono le realtà come la Sampdoria che vanta un passato glorioso peraltro vissuto nel periodo in cui il calcio era ancora dimensionato, un po’ come la società civile, entro parametri del tutto asimmetrici rispetto agli attuali che sono completamente conformati sulle leggi finanziarie del consumismo più estremo.
E’ pleonastico ripetere all’infinito che anche Mantovani si sarebbe arreso a questo stato di cose non potendo competere con le grandi multinazionali che si disputano a suon di milioni le preminenze nei vari campionati del nostro continente. Ma penso che, ancora prima, avrebbe deciso di non partecipare a questo “florido” caravanserraglio. L’apparato attuale è stato elaborato su una sorta di sistema cogente che assomiglia molto al famoso gatto che si morde la coda.
Ormai l’impianto portante del calcio si basa sul flusso di denaro che affluisce dai network televisivi che per ottenere profitti devono a loro volta avere la massima visibilità determinata da un’altrettanta e conseguente parcellizzazione dell’offerta mediatica. Come dire che partite giocate nei giorni più diversi e alle ore più disparate garantiscono maggiore impatto sull’utenza televisiva e quindi sempre più ragguardevoli introiti pubblicitari.
Bisogna dire, per onestà intellettuale, che questo fenomeno non è nato in Italia. In questo siamo arrivati un po’ in ritardo rispetto a ciò che è stato il parto del football anglosassone. Inghilterra che è anche la patria di quel fenomeno che, oltre alle vecchie sedi tradizionali, recentemente ha invaso gli schermi televisivi con proposte sempre più intriganti riguardo il mondo delle scommesse. Pare che leggenda affermi che oltremanica la prima puntata sportiva ci fu intorno al 1780 su una corsa di cavalli. E dunque, per tornare alla situazione del calcio nostrano, sembra proprio che non ci sia via d’uscita se non si vuole rimanere indietro nella scala dei valori europei e mondiali. Non tarderà molto che vedremo la partita il giorno di Natale e magari la notte di San Silvestro!
Lo scontro tra realtà e ideali si è manifestato recentemente nell’articolo di Repubblica (9 ottobre 2018) relativo alla vicenda del possibile ritorno di Cassano al calcio giocato. Alcune affermazioni del grandissimo (non so usare altri aggettivi) Antonio mi hanno favorevolmente impressionato riguardo all’equilibrio che attualmente regge la sua vita rispetto al caos di un ormai dimenticato passato, così come la modestia nel proporsi, se la decisione del Presidente Gozzi sarà quella di tesserarlo. “Da questo momento sono uno di voi” dice ai ragazzi dell’Entella, “non ci devono essere differenze”).
Mi piace molto il suo approccio ludico alla nuova vita da disoccupato calcistico quando afferma che “il calcio non mi è mancato per il semplice motivo che ho potuto fare le cose che non mi erano permesse….e soprattutto mi sono goduto i miei bambini”.
Ma soprattutto c’è un’affermazione che fa la differenza sul resto, tutto, del pianeta calcio e che conferma definitivamente una maturità acquisita che lo rende un personaggio “unico”. “La mia vita è sempre stata incentrata sulla ricerca della felicità. Non ho vinto tanto ma sono un uomo felice, mia moglie e i miei figli sono le mie Coppe dei Campioni”. Come un aforisma letto su Internet ”Quasi quasi mollo tutto e divento felice!” Wow!! Ho molta ammirazione per una persona “vera” come Cassano che oltretutto mi (ci) ha regalato gioie che, come sampdoriano, mai dimenticherò. E dunque, tornando alla nostra cara Samp, attendiamo ulteriori sviluppi senza montarci la testa (io non lo garantisco….) perché le insidie sono sempre dietro l’angolo, anche se quest’anno ho sensazioni diverse per una serie di fattori positivi che fanno ben sperare. Con mio fratello ci siamo già detti il famoso mantra “Dove potrà mai arrivare questa Sampdoria?” Porterà male? Speriamo di no. Lo ammetto, quando il Doria va alla grande tendo ad esaltarmi. Sarà un mio difetto, anzi sicuramente lo è. Ma che volete farci, così è la vita e senza brio si rischia la noia. E comunque, se sarò stato cattivo profeta, tiratemi pure simboliche pietre ma non fatemi troppo male.
1 commento
Articolo interessante anche se, mi perdoni l’autore, un pò…insalatone, c’è di tutto dentro:-)
Personalmente:
– che il nostro mercato sia stato confusionario, approssimativo e improvvisato è un dato oggettivo e l’aveva detto pure il mister un paio di settimane prima dell’inizio del campionato , me le ricordo solo io le frasi: “sapevano da 6 mesi che Torreira andava via”? oppure ” mi prendono Ekdal? e allora va bene Ekdal” ma con un tono che faceva trasparire tutto tranne che soddisfazione?
Poi, siccome il calcio è meravigliosamente imprevedibile e folle ecco che chi è arrivato sta facendo addirittura meglio di chi è partito e siamo tutti felici e contenti anche se, lo ripeto, memore della passata stagione, ancora resto coi piedi ben saldi per terra…
Una mia amica che tifa Toro mi ha giustamente detto: ” Tutti gli anni partite bene, e poi…”, e in effetti, come darle torto?
Da quando siamo tornati in A solo l’anno con Delio Rossi abbiamo sofferto all’inizio, poi per il resto le nostre partenze sono sempre state buone, per non dire ottime…
E quindi, ribadisco per l’ennesima volta, PIEDI PER TERRA, PIEDI PER TERRA!!!
Quanto a Cassano, scindo il calciatore e l’uomo: il primo mi ha fatto godere e impazzire dal “dolore” dopo quel che accadde ormai 8 anni fa, l’uomo sinceramente con le sue dichiarazioni specie degli ultimi anni mi fa quasi compassione…