Nuovo appuntamento con lo storico tifoso Roberto C. L’autore delle Memorie Blucerchiate ci offre spunti di riflessione in questa fase di emergenza coronavirus. Pane ed esistenzialismo è la dieta di Roberto, che ci fornisce ancora un interessante intreccio fra calcio e filosofia nel suo nuovo articolo:
Mentre scrivo questo articolo ancora non si sa se verrà ripreso il campionato di calcio. Questioni di ore. Ma tutto va nella direzione della riapertura degli stadi, se pur privi di tifosi. Ecco, voglio ancora illudermi, nel poco tempo che rimane prima della decisione, che ciò non accada, se pur riconosco che è una pia illusione. Personalmente sono contrario per due ottimi motivi.
Innanzitutto per una questione di buonsenso che lascia intendere come si svolgerebbe questo riavvio del gioco con 12 partite da giocare a partire dal 13 giugno (o 20). Si finirebbe attorno alla metà di settembre salvo terminare prima giocando diverse partite infrasettimanali. Un bel pasticcio per l’organizzazione, per l’intensità dell’attività e poi per quella che sarà la nuova stagione che dovrà partire. Quando?
Senza contare che se qualche giocatore dovesse risultare positivo al Covid 19 si dovrebbe portare in quarantena l’intera squadra la quale non potrebbe giocare le partite successive con ovvie ripercussioni sulla regolarità del campionato. A me pare questa una decisione alquanto bizzarra anche se ne posso comprendere i motivi dettati unicamente da fattori economici.
Eppure già ci sono state decisioni nette in questo senso riguardo Francia, Olanda, Argentina ed altri paesi, che pare seguiranno queste linee di condotta, annullando, di fatto, il torneo e rimandando tutto alla prossima stagione. E quindi non si comprende perché analoga via non possa essere percorsa dall’Italia pur se c’è il caso della Germania che ha ripreso regolarmente la Bundesliga. Certamente in questo caso si dovrebbero prendere disposizioni per regolare nel migliore dei modi l’aspetto sportivo. Si possono immaginare diversi scenari. Vediamo. Per il primo si potrebbero lasciare le cose come sono azzerando completamente l’attività effettuata finora come non fosse mai stata fatta.
Chi ha avuto ha avuto ecc… Ma ci sarebbero, ovviamente, proteste da parte del Benevento che di fatto da tempo ha conquistato la promozione in serie A. La squadra campana potrebbe essere ammessa al campionato maggiore insieme alla vincente della spareggio (andata e ritorno) tra Crotone e Frosinone. E anche in questo caso non mancherebbero i ricorsi delle escluse. Un campionato prossimo a 22 squadre in partenza a fine agosto, o anche prima, sarebbe certamente meglio dell’evento previsto all’inizio dell’anno solare, un autentico pasticcio. Forse non me ne sto accorgendo ma un poco sto delirando perché l’idea conseguente, per dare contentini vari, sarebbe quella, per il prossimo torneo, di accreditare un bonus in punti a Juventus, Lazio e Inter che potrebbero partire con un + 3 le prime due e un +1 per i nerazzurri. Per le ultime in classifica si dovrebbe decidere, come per gli studenti, l’applicazione di un debito, magari un – 2 punti, per le ultime tre classificate (facciamo anche la quartultima…).
E veniamo al secondo motivo della mia contrarietà. Questo è del tutto personale e anche di stampo metafisico, per certi aspetti.
In questi quasi tre mesi di reclusione il mondo del calcio è completamente sparito dallo spazio dei miei interessi e si sa che quando una cosa non viene affrontata per un certo tempo essa perde di consistenza quasi non fosse mai esistita. Anche perché, se vogliamo, il punto centrale della materia è qualcosa di naturalmente astratto. Prendo ad esempio il filosofo israeliano Yuval Noah Harari il quale nel suo libro “Da animali a dei. Breve storia dell’umanità” (Ed. Bompiani) afferma che nel 1896 Armand Peugeot creò una società, chiamandola con il suo cognome e dandole come simbolo un uomo-leone. La Peugeot è una “persona giuridica” che non esiste nella realtà, come un albero o una pietra, ma nella finzione del diritto. I suoi 200.000 dipendenti, pur essendo per lo più sconosciuti gli uni agli altri, “cooperano così efficacemente che nel 2008 la Peugeot ha prodotto oltre un milione e mezzo di automobili, con introiti di circa 55 miliardi di euro”.
Il leone uomo della multinazionale francese funziona un po’ come gli animali totemici degli aborigeni australiani che legano insieme gli individui del clan. Sostituiamo le parole Peugeot e dipendenti con il nome di una squadra e i tifosi e tutto torna. Se la Peugeot non producesse più automobili cosa diventerebbe? Essendo un ente immateriale rimarrebbe di lei solo il ricordo appunto nell’immagine del suo prodotto di riferimento. Lo stesso avverrebbe se una squadra di calcio scomparisse. Cosa resterebbe in questo caso? L’evocazione di imprese passate che verrebbe ad evaporare nel tempo dell’abbandono.
Questo ragionamento testimonia il fatto che il gioco del calcio “deve” in qualche modo continuare affinché non venga abbandonato il piacere che si sprigiona dal suo manifestarsi. Pensavo queste cose un giorno vedendo per caso al Telegiornale le immagini dello splendido gol di Dybala contro l’Inter nell’ultima partita giocata prima della sosta per coronavirus.
Dopo il buio della “dimenticanza” di un certo sport giocato ho provato la sensazione e l’emozione di un ritorno insperato e la consapevolezza che quando il calcio, come in questo caso, diventa poesia, allora è veramente il gioco più bello del mondo.
E si vorrebbe tornare a riviverlo con le giuste emozioni che è in grado di dare ma non con incontri a porte chiuse, senza i tifosi che sono componente imprescindibile, ma con quella presenza viva di un coinvolgimento che nella giusta simbiosi diventa intensa partecipazione e anche commozione. Purtroppo, per me, se mi riferisco al piacere puramente estetico e non interiorizzato e personalizzato che porta l’appartenenza ad una squadra, devo necessariamente limitarmi alla visione di partite di alto livello che procurano un intenso gaudio visivo. Non posso, molte volte, vedere le partite della Sampdoria (sicuramente i secondi tempi) perché mi portano disagio e sofferenza e mi privano della necessaria serenità che ci vorrebbe per gustarsi una bella partita. A meno che la Samp non fosse nella posizione che occupa attualmente la Lazio. Ma anche in quel caso la possibilità di vincere lo scudetto non mi darebbe la necessaria tranquillità. Ad esempio nello scontro diretto. Sono fatto male, lo so, e troppo emotivamente tifoso. Ed allora arrivo alla seconda ragione per la quale non vorrei che si riprendesse a giocare. E’ un fatto personalissimo, da dire sottovoce, che nessuno mi ascolti. Ho paura che la Samp possa retrocedere e questa sarebbe una doppia beffa con la prospettiva che questa debacle possa rappresentare una discesa agli inferi difficilmente rimediabile.
E allora che fare?
Non lo so e non dipende da me ma questa è la sensazione che provo. Molto meglio un bel colpo di spugna liberatore e via con una nuova avventura in un tempo futuro non pandemico e, lo volesse il cielo, con una nuova proprietà blucerchiata.
Roberto C. (Memorie Blucerchiate)