Nuove interessanti elucubrazioni di Roberto C, autore delle Memorie Blucerchiate. Fra tifo, filosofia e “sampdorianite”, parola a Roberto:
Fino a che punto e in quali mari può navigare liberamente il tifoso senza il rischio di imbrattarsi lo spirito e di rimando la propria etica? Mi sono fatto improvvisamente questa domanda per alcuni fatti capitati in questi giorni mentre stavo discettando liberamente ed ampiamente su tutto ciò che riguarda il mondo del calcio anche ispirato da alcuni articoli apparsi sul Sole 24 ore della Domenica. Possiamo essere indulgenti sempre e comunque verso chi rappresenta, o lo ha fatto, una società, in questo caso calcistica e che per noi figura come un importante rifugio del nostro affetto sportivo? Torneremo più avanti su queste domande, nel frattempo mi piace l’idea di Emiliano Battazzi che nel suo libro “Calcio liquido. L’evoluzione tattica della serie A” (66THAND2ND Ed.) ci spiega che la partita di calcio è come la messa in scena di una società che programma il proprio futuro e sceglie la strada più ardita o, al contrario, si ripiega su se stessa abbandonandosi alla più ammuffita ripetitività.
C’è anche la possibilità di verificare come il gioco di una nazionale o squadra di club possa riflettere i cambiamenti che hanno caratterizzato l’andamento di un paese in uno specifico momento storico come ad esempio è capitato all’Olanda conservatrice del 1968 ed al cambio di rotta arrivato dal terreno di gioco con la rivoluzione di Michels. Cita diversi maestri del cambiamento come Crujff, Zeman, Guardiola e soprattutto Arrigo Sacchi. Poi, voltando pagina, ci si trova davanti ad una realtà che, dalle fantasie ispirate dal campo di gioco, plana direttamente sulle scrivanie dove i “contabili” registrano che nel tempo della pandemia (2020-2021) i top club italiani hanno realizzato la perdita di ben 1,4 miliardi di Euro che nella fattispecie vengono individuati nei 348 milioni accumulati dall’Inter, 300 milioni per le casse della Juventus e 291 milioni per quelle del Milan.
E anche in questo caso è normale porsi una domanda e cioè perché da anni si mettono in rilievo casi macroscopici come questi i quali poi non portano ad alcun risultato che una mente normale vedrebbe bene in una sorta di ridimensionamento? “Tutto va ben madama la marchesa!”. Ciò naturalmente è lo specchio di una società che si basa unicamente sul “consumo” senza peraltro affrontare i risvolti pesanti che esso porta nella gestione globale della vita comune a tutto il pianeta. Consumo reiterato per sempre più necessari risvolti economici che hanno portato il calcio a non essere più un importante accessorio emozionale che si frappone tra le normali cose del corso della vita ma una sorta di merce che copre quasi per intero il nostro tempo esistenziale con la funzione di forte anestetico atto a modificare per sottrazione un approccio più costruttivo per le sorti collettive di un paese. Ma c’è anche un aspetto che mi ha sempre colpito nell’avanzata della globalizzazione e riguarda la voracità delle multinazionali di ogni genere, o anche grandi potenze economiche, che snaturano di fatto l’originalità di alcuni marchi simbolo un tempo dell’alacrità tipica di un paese. Mi viene in mente ad esempio l’emblema caratteristico di una certa idea dell’Inghilterra, la Rolls Royce, che un bel giorno viene acquisita dalla BMW tedesca come una sorta di rivalsa economica rispetto alla sconfitta subita con le armi nella Seconda Guerra Mondiale.
E nel mondo del calcio che succede?
Nella stessa Inghilterra 14 squadre della Premier League sono di proprietà oltremanica (Arabia Saudita, Emirati, Cina, Stati Uniti, la stessa Italia). Personalmente sarò anche attaccato ai ricordi dei miei tempi andati però le società radicate nel territorio avevano un aura di purezza e classicità incomparabili. Vuoi mettere l’Inter di Moratti, il Bologna di Dall’Ara, la Roma di Viola, la Sampdoria di Mantovani! Tutta un’altra storia.
Certo che se, come sampdoriano, mi dicessero che la famiglia reale saudita ha deciso di acquistare la nostra società farei naturalmente salti di gioia. Perché è sempre l’importanza del successo sportivo a dettare i comportamenti e la “sampdorianite” acuta può portare ad atteggiamenti contraddittori. Ma poi siamo disposti ad essere sempre sudditi ed accettare compromessi? Il discorso vale anche per la servitù psicologica nei confronti di chi è stato importante per la causa. Siamo cioè pronti a sorvolare se chi si è rivelato grande artefice di fortune calcistiche nella vita civile si comporta con poca o niente attitudine verso la regola che pagare le tasse è un dovere di ogni cittadino e che vede sempre gli stessi, cioè i meno economicamente fortunati, destinati a reggere le sorti delle casse dello Stato? Lo so che certe notizie risultano destabilizzanti per chi è normalmente in regola e deve altresì valutare l’impatto che tutto ciò ha con se stesso tifoso. Ma bisogna prima o poi prendere decisioni ed atteggiamenti congrui altrimenti si resterà sempre numeri inattivi in un acritico vassallaggio che produce solo bassi rumori di fondo, quasi impercettibili fruscii.