Si dice che con un po’ di anni sul groppone si tenda a vedere il passato sempre migliore del presente. C’è chi afferma che ciò sia dovuto al fatto che in quel tempo si è consolidato il nostro sistema di valori e la nostra stessa identità. Per cui cambiando nel presente tutte quelle caratteristiche la nostra natura fatica a riadattarsi e si sente smarrita ed infelice. Come diceva il grande Marcel Proust “I veri paradisi sono i paradisi che si sono perduti.” Questo tipo di ragionamento sembrerebbe una stortura, un piegamento della Storia a proprio favore, ma molte volte rientra in un percorso di verità.
Prendiamo l’argomento che caratterizza questo blog, il gioco del calcio. Gioco. Già su questo termine ci sarebbe da discutere perlomeno per quanto attiene al significato specifico che ha avuto in questi ultimi anni. Potrei disquisire a lungo sull’atteggiamento globale di stampo puramente mercantilistico che sta caratterizzando un mondo che si è ormai identificato con quell’estrema frenesia che impedisce l’identificazione, soprattutto da parte del tifoso, della propria squadra come qualcosa di preciso e, almeno per un paio o più di anni, in un complesso sul quale basare vivide speranze future.
Plusvalenze per non morire. E’ incredibile come in questa stressantemente consumistica società tutto debba essere parametrato alla velocità di esecuzione! Il treno è ormai lanciato. Qualcuno può fermarlo? Ho seri dubbi ma intanto il baratro, là in fondo, si sta avvicinando. E va bene, anzi no. E comunque questo è l’aspetto puramente di immagine (e anche di contenuti….). Ma c’è qualcosa che maggiormente marca la differenza tra questo e il calcio di quello che mi piace chiamare, magari retoricamente, “dei bei tempi andati”.
Sto parlando della qualità dei calciatori, in una parola di “classe”.
Mi sono ritrovato a fare questi ragionamenti proprio durante l’incontro, agli ultimi Europei, dell’Italia con la Svezia. A parte gli azzurri, giocatori non fenomenali che, plasmati da un autentico demiurgo, sono diventati una vera squadra compatta come poche volte è stata la nazionale. Ma chi ricorderemo in futuro dei singoli elementi di questo gruppo? Se penso che il nostra attacco si è basato su due ex della Samp cadetta oltre a Zaza che è stato una meteora… Ho detto tutto, come direbbe Peppino a Totò.
A proposito, mentre si apprestava a battere il rigore-burla, con tanto di ridicola minaccia a Neuer, Pellè avrebbe dovuto, senza indugio alcuno, porsi una rapida domanda “Ma io ho una “elle” sola nel mio cognome? No. Allora meglio lasciar perdere stranezze varie…”Ma la follia non finisce qui. Questo gingillino, di cui la storia del calcio non avrà memoria futura, guadagnerà 38 milioni di euro in due anni e mezzo in….Cina. Ho un po’ di mal di testa. E allora, poiché quello con una sola “elle” (Pelè) di lui ne valeva mille o forse diecimila, quanto avrebbe dovuto guadagnare? E chi avrebbe potuto pagarlo? Forse Bill Gates. Che poi quello con due “elle” nella squadra di quello con una “elle” avrebbe fatto al massimo il….raccattapalle. Lasciamo perdere e torniamo alla Svezia. Sì c’era Ibrahimovic, buon calciatore ma non uno da mettere nella bacheca dei grandissimi.
Mi sono ricordato allora della squadra finalista ai Campionati Mondiali del 1958.
C’erano, tra gli altri, Liedholm (il “Barone”), Hamrin, Simonsson, Skoglund (che vestì con grande onore la nostra bellissima maglia) e il divino Gren non a caso detto il “Professore”. Di lui c’è un aneddoto da ricordare. Giocò nel G…a nel campionato 1955-56 e segnò il primo goal alla Fiorentina nell’ultima giornata a Marassi (3-1 risultato finale) che impedì ai viola di vincere lo scudetto da imbattuti. Succedono……anche ai bibini. E aveva smesso da qualche anno con la nazionale il bomber per antonomasia, Gunnar Nordahl, che con gli stessi Liedholm e Gren compose il mitico trio Gre-No-Li. Cose da fantascienza! Ce n’è abbastanza per avallare la mia tesi. Ma la stessa Spagna 2.0, grande parto di un sistema, può vantare in organico grandi campioni anni Sessanta come Del Sol, Amancio, Suarez (il Luisito anche doriano) Betancort, la super ala sinistra Francisco Gento, Santamaria ecc…..? E la Francia nel confronto con i suoi “vecchi” Kopa, Piantoni, e Just Fontaine, capocannoniere 1958 con 13 gol? E un po’ più tardi del grande Platini? (E anche qui mi devo ripetere: ma a fronte dei 110/120 milioni pagati per Pogda quanti ne varrebbe Le Roi Michel? Diciamo mille?). E la Germania dei vari Seeler, Haller, Muller, Netzer, Schnellinger, Rumenigge, Beckenbauer. Basta! Forse sto sproloquiando ma “quanno ce vò, ce vò” (Trilussa ). E’ tutto inutile. Una volta, ma sì, sottolineo, una volta, il calcio era veramente Spettacolo forse perché era meno nevrotizzato. In questo elenco di fuoriclasse ne ho tenuti, in ultimo, undici. Hanno composto la squadra delle squadre, meravigliosa, indimenticabile, onirica, la più forte di tutti i tempi. Il maestoso e sublime Brasile Campione del mondo 1958. La formazione che tutti noi dei super-anta conosciamo a memoria perché in essa è racchiusa l’essenza pura del calcio. Se esiste un’altra vita questo è veramente il “Team del Paradiso”: Gilmar, Djalma Santos, Nilton Santos, Bellini, Orlando, Zito, Garrincha, Vavà, Didì, Pelè, Zagallo. Sono commosso!Nell’eremo delle mie rimembranze ricordo con grande emozione le parole di Jim Morrison “Darei tutti i miei giorni per un unico ieri!”.