«Un nuovo cd di canzoni sulla Samp con i fratelli De Scalzi e Manolo Strimpelli? L’idea c’è ma bisogna lavorarci». Il rapper blucerchiato Mattia Strano – noto al grande pubblico come Pensie – non si sbilancia più di tanto, ma ammette che qualcosa bolle in pentola. 26 anni dopo l’uscita del disco “Il grande cuore della sud” (che ogni sampdoriano che si rispetti ha ascoltato almeno un migliaio di volte) il 2017 potrebbe essere l’anno buono per arricchire il nostro repertorio musicale.
L’intuizione di bissare il capolavoro realizzato da Aldo e Vittorio De Scalzi (con la collaborazione di Paolo Mantovani) nasce dalla diabolica mente di Enzo Tirotta. Qualche mese fa, lo storico leader della Gradinata sud ha riunito attorno a un tavolo alcuni dei più noti musicisti sampdoriani per “parlare”. Appuntamento in studio, dove prossimamente prenderà il via questo nuovo progetto.
«Un’anticipazione? Diciamo che il sogno sarebbe una “Lettera da Amsterdam” 2.0», confida Pensie, rigorosamente con la “e” finale pronunciata. Un po’ come “pensiero” senza l’ultima sillaba…
Ma che fine ha fatto Pensie? È la prima cosa che gli abbiamo chiesto chiacchierando a 360 gradi in una piazzetta ritagliata a fatica nel cemento delle case popolari della sua
Molassana, quartiere di periferia dove l’asprezza dei problemi quotidiani si addolcisce in una multiforme vitalità artistica.
«Sì è vero, ho modificato il nome della pagina Facebook da “Pensie Official Page” a “Pensie Dalle Popo”. Ma sono “sempre qui”, come cantavo in un pezzo sulla Samp di qualche anno fa».
Perché la decisione di cambiare registro nel momento migliore della tua carriera?
«È stata una scelta dovuta a una serie di concause. Diciamo che la vita, con tutti i suoi problemi, ha avuto il sopravvento nel mio periodo di maggiore visibilità. Ne è nata una lunga pausa di riflessione che mi ha convinto della necessità di proporre qualcosa di nuovo. E infatti sto per tornare con una musica rap diversa da quella più in voga negli ultimi anni. Potete rimanere aggiornati sulle mie attività seguendomi sulle mie pagine Facebook (facebook.com/pensiedallepopo) e Instagram (instagram.com/pensiedallepopo)».
Perché hai smesso di comporre canzoni sulla Sampdoria?
«Per me, scrivere e cantare di Samp è sempre stato un divertimento senza scopo di lucro, ma il mio sogno è cercare di vivere con il rap. Per farlo sono costretto a impegnare tutte le mie energie nel percorso artistico necessario per raggiungere questo obiettivo, relegando al tempo libero la composizione di brani blucerchiati. Tempo libero che negli ultimi anni si è ridotto… Ora però avverto che sono stato assente per troppo tempo e non vedo l’ora di regalare ai tifosi della Samp un nuovo pezzo, magari entro l’estate. Perché questi colori e la sua gente mi hanno dato tantissimo».
I tuoi concerti in occasione delle feste dei tifosi della Samp stanno lì a dimostrarlo…
«Il mio primo live blucerchiato risale al 2011 per la festa degli Ultras Tito al Bastione.
Da allora sono stato presente ogni anno alle loro feste, senza contare il concerto dei Fedelissimi sotto la Lanterna, il ritiro di Bardonecchia e diverse serate di beneficenza. Puoi immaginare l’orgoglio che provo anche solo a pensarci. Questa sampdoriana è una parentesi stupenda – e inaspettata – della mia carriera musicale. E non ho alcuna intenzione di chiuderla, anzi…».
Nella tua carriera hai composto diverse canzoni sulla Samp. A quale sei più affezionato?
«Tutte le mie canzoni sul Doria sono nate in pochissimo tempo e questo mi fa capire quanto sentissi mia ogni rima scritta: ecco perché mi viene difficile sceglierne una in particolare. Per non essere scontato evito di dire “Blucerchiato” (forse il mio pezzo più famoso sulla Samp) ma “Sempre qui”, la mia prima canzone ideata in occasione di un risultato sportivo positivo, cioè la promozione in A del 2012. La notte di Varese ho partecipato ai festeggiamenti in giro per la città e ne ho approfittato per girare con la videocamera le scene che poi ho inserito nel videoclip del brano».
Un altro tuo grande successo è la canzone contro la tessera del tifoso…
«Quando è uscito il video di “No alla tessera del tifoso” arrivavo dai successi – in termini di visualizzazioni su YouTube – di “Blucerchiato” e della canzone sul derby (che poi ho rimosso dal mio canale), quindi onestamente sapevo che ci sarebbe stata gente che lo avrebbe visto. Ma che arrivasse addirittura in quasi tutta Europa no, è stata una sorpresa anche per me. La diffusione in Italia e anche oltre i confini nazionali di questo pezzo è stata importante. Con questa canzone, volevo sostenere la lotta di tutti quei ragazzi che si vedono privati della loro passione a causa di uno strumento inutile e pericoloso che ha un solo scopo: allontanare la gente dagli stadi».
Il tuo ultimo album, “PerifeReal”, risale al 2013. Quando tornerai in sala di incisione?
«È da Natale che sono chiuso in casa a scrivere. Ho pronti una ventina di pezzi che registrerò nei prossimi giorni. L’obiettivo è uscire coi primi video ad aprile e pubblicare il CD entro l’estate».
Ci sarà anche qualche canzone sulla Samp?
«Non in questo disco. Ma ci sarà un pezzo di argomento calcistico, dedicato a tutti quei ragazzi che per svariate ragioni, pur avendo talento, non sono riusciti a diventare calciatori professionisti. Ogni singolo campetto d’Italia trabocca di esempi di questo tipo, soprattutto nelle periferie».
Le stesse periferie che ritornano spesso e volentieri nelle tue canzoni. Quanto ha influito su di te il fatto di essere nato e cresciuto lontano dalle comodità e dagli agi della Genova-bene?
«La periferia ha avuto un ruolo decisivo nell’avvicinarmi al rap. Il rap è uno strumento di riscatto da una quotidianità difficile nella quale ci si può sentire dimenticati. Il rap è un modo per combattere il senso di abbandono che ti circonda. Serve a lottare per ottenere sul sistema una rivincita che non è mai solo del singolo, ma anche del contesto dal quale il singolo proviene».
Cos’ha di più il rap rispetto agli altri generi musicali?
«Il rap è un linguaggio vero, immediato, senza censure. Con questa musica ti parlo al microfono come se ti stessi parlando in strada. E poi c’è la questione dell’accessibilità. Chiunque può farlo, senza essere per forza musicisti. Anche se farlo bene non è facile come si potrebbe pensare».
E da dove nasce l’idea di coniugare l’amore per la Samp con la passione per il rap?
«Il rap spesso è un flusso di pensieri e attinge da quello che vivi. Lo stadio e la Samp fanno parte della mia vita fin da bambino, di conseguenza mi viene naturale parlare anche di questo. Scrivo pezzi sulla Sampdoria soltanto dal 2011, ma compongo rime blucerchiate fin da quando ero un ragazzino, anche in canzoni dove all’apparenza non sembrerebbe esserci alcuna connessione».
Non è passato molto tempo dal derby vinto contro i cugini. Una curiosità: hai mai pensato di fare un pezzo di “dissing” con un rapper genoano in una sorta di stracittadina musicale?
«A Genova il calcio è come una religione e non è da tutti esporsi come ho fatto io. In questa città l’attaccamento alla maglia, da entrambe le parti, è talmente forte che il tifo diventa un’etichetta. E lì ti giochi una fetta di pubblico, è matematico. Questa è una delle ragioni che mi hanno impedito di confrontarmi con un collega rossoblu a Genova, anche se a Cuneo c’era qualcosa in ballo…».
In che senso?
«Nel senso che si era parlato di una possibilità del genere con un ragazzo genoano di Cuneo. Ma poco dopo mi sono preso la pausa di riflessione di cui parlavo prima e l’idea è naufragata».
Tornando al progetto in cantiere con i De Scalzi, Manolo Strimpelli e Matteo Monforte, come farai a conciliare la tua formazione musicale “in rime” con artisti così diversi da te?
«L’amore per la Samp metterà tutti d’accordo. Il rap è la mia cosa e sono sicuro che potrà venire fuori qualcosa di figo. Ma il fatto di padroneggiare il mio genere non mi impedirà di rimanere umile di fronte a gente che ne sa più di me. Senza contare l’emozione di trovarmi in studio a lavorare a otto mani con chi ha fatto la storia della musica della Sampdoria. Indescrivibile».
ROBERTO BORDI