Dal 30 ottobre 2016, giorno della sconfitta per 1-0 contro la Samp, sembra essere passato un secolo. L’allenatore dell’Inter era De Boer e la squadra vagava incerta per i campi della serie A come un gregge abbandonato a se stesso. Un gregge che oggi, grazie a Stefano Pioli, è diventato un gruppo.
Dopo l’esonero dell’olandese, deciso qualche giorno dopo la disfatta di Marassi, è toccato all’ex tecnico di Lazio e Bologna raddrizzare una stagione iniziata malissimo e proseguita – se possibile – ancora peggio tra risultati altalenanti in campionato e un imbarazzante ruolino di marcia in Europa League. Il lavoro paga sempre. Pioli lo sa bene e, da allenatore sul pezzo e navigato qual è, ha riportato in porto una barca che, al pari delle ultime stagioni, sembrava destinata ad affondare.
13 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte contro le prime tre squadre del campionato: per Pioli parlano i risultati. L’unico modo per tornare in corsa per la Champions League era battere tutte le squadre di livello inferiore e fare il possibile contro le cosiddette grandi. E così è successo: tolto il recente pareggio contro il Torino e quello al suo esordio in panchina nel derby con il Milan, l’Inter ha sconfitto tutte le squadre che la seguono in classifica, pur perdendo contro Napoli, Roma e Juve.
Inter ammazza-piccole, dunque. Segno che il salto di qualità compiuto nella gestione Pioli non è ancora sufficiente per reggere il ritmo delle grandi. Ma l’Inter è in crescita, dal punto di vista del gioco e della consapevolezza delle proprie ambizioni. Se in classifica i nerazzurri non sono in zona Champions League è solo per la partenza ad handicap delle prime 10 giornate del girone di andata.
Da allora la squadra di Pioli ha cambiato molto, quasi tutto. Un altro modulo, anzi due (3-4-2-1 e 4-2-3-1 alternati a seconda dell’avversario) e una somma di certezze che a inizio stagione erano franate sotto il peso della scarsa personalità e delle aberranti idee tattiche del malcapitato De Boer.
Il simbolo della resurrezione nerazzurra è Ever Banega. Il trequartista argentino, prelevato in estate dal Siviglia a parametro zero, è diventato con Pioli il fulcro del gioco interista. Pur giocando in posizione più avanzata rispetto al ruolo di classico regista davanti alla difesa, Banega ha un tasso tecnico oggettivamente fuori dalla media che gli consente di imbeccare con precisione geometrica le bocche da fuoco dell’attacco interista. Su tutte Mauro Icardi, autore di 20 gol in campionato.
Ma non ci sono soltanto Banega e Icardi. A centrocampo l’Inter ha beneficiato dell’esplosione di Gagliardini, un mediano moderno in possesso di un bagaglio tecnico e atletico fuori dal comune. Sulla destra Candreva garantisce la solita spinta propulsiva, supportata da una buona confidenza con il gol oltre che dalle continue sovrapposizioni di D’Ambrosio, inarrestabile pendolino sulla destra.
Certamente, se l’Inter non è in zona Champions League una ragione ci sarà. I Suning, proprietari del sodalizio nerazzurro da circa un anno, non hanno ancora colmato alcune lacune di fondo. A Pioli mancano un centrocampista da affiancare a Gagliardini e soprattutto due calciatori forti a cui consegnare la fascia sinistra. In difesa Ansaldi non ha mai convinto del tutto mentre sul fronte offensivo Perisic, nonostante le 9 reti gol segnate in campionato, è stato fin qui troppo discontinuo.
Secondo le indiscrezioni provenienti da Milano, contro la Sampdoria Pioli dovrebbe schierare la squadra con il 3-4-2-1. Banega, tornato in Italia acciaccato dopo il doppio impegno con la Nazionale argentina, potrebbe lasciare il posto sulla trequarti a Brozovic, mentre in difesa si profila un ballottaggio tra Ansaldi e Murillo come difensore di centro-sinistra a fianco di Medel e Miranda.
In sintesi, per la Sampdoria non sarà una partita facile. Sarà importante come sempre il lavoro di pulizia di Torreira davanti all’area di rigore, ma gran parte del risultato dipenderà dalla capacità dei blucerchiati di resistere alle incursioni sulle fasce degli esterni nerazzurri. Una strategia che la Samp ha dimostrato di soffrire anche al cospetto di avversari inferiori all’Inter, come il Palermo.
ROBERTO BORDI