Qualcuno afferma che la sua Samp (quella che allenò nella sua seconda parentesi blucerchiata, dal 1984 al 1986) fosse la più bella di sempre dal punto di vista del gioco espresso, ancorché tecnicamente imperfetta (gente come Pagliuca, Briegel e Cerezo sarebbero arrivati subito dopo).
Di sicuro, al tecnico originario dell’appennino parmense, si deve il primo trionfo societario, ossia la prima Coppa Italia vinta a Marassi il 3 luglio 1985, dopo una battaglia di 180 minuti contro un Milan immediatamente preberlusconiano, al termine di una stagione semplicemente eccellente (quarto posto in campionato davanti alla Juve campione d’Europa nella tragedia dell’Heysel).
Forse aveva ragione Enzo Tirotta: quel 3 luglio capimmo che stavamo diventando grandi. E questo fu anche merito di un tecnico concreto, definito “sergente di ferro” per la sua estrema professionalità, la sua dedizione al lavoro e soprattutto per aver puntato sulla preparazione atletica (corse nei boschi, ripetute, stretching, l’introduzione della “vasca del fango”, ossia un campo sabbioso e bagnato per potenziare la muscolatura) e sulla dieta dei giocatori. A prescindere dal nomignolo un po’ ingeneroso (Bersellini fu uno dei primi in Italia a puntare sull’agonismo e sulla preparazione atletica), il tecnico emiliano era timido, educato e pacato, estremamente dedito al lavoro.
Bersellini nacque il 10 giugno 1936 a Borgo Val di Taro, Appennino Parmense. Dopo una modesta carriera da mediano (Fidenza, Brescia, Monza, Pro Patria e Lecce), divenne tecnico della squadra salentina nella primavera ‘69. Due anni in giallorosso, per poi approdare a Como (1971-73) e Cesena (1973-75); fu il primo tecnico dei romagnoli in A, subentrato a Radice, e non sfigurò affatto, conquistando due salvezze consecutive nella massima serie.
Nell’estate ‘75 inizia la prima parentesi in blucerchiato: due stagioni contraddittorie, caratterizzate da una salvezza e da una retrocessione (la seconda, dopo quella del ‘66). Durante il ritiro, i metodi di Bersellini avevano fatto storcere il naso a qualcuno (la nomea di “sergente di ferro” nasce in questo periodo) e gli inizi non furono facili, complice un serio infortunio occorso a Marcello Lippi. L’arrivo di Luciano Zecchini dal Milan a novembre riequilibrò la squadra, che concluse il 1975-76 con una dignitosa salvezza (grazie anche alle reti di Saltutti e Magistrelli).
Non andò bene, invece, nel 1976-77, ma non certo per colpa del tecnico: Lolli Ghetti vendette diversi titolari (tra cui Magistrelli ed il giovane Nicolini) e Bersellini si ritrovò una squadra raffazzonata e diseguale. Come detto, la Samp retrocesse all’ultima giornata dopo un avvio tremendo e una striscia di dieci risultati utili consecutivi : Bersellini fece del suo meglio (lanciando anche il diciassettenne romano Alviero Chiorri) e il presidente dell’Inter Fraizzoli pensò a lui, tecnico solido ed estremamente concreto, per rilanciare la squadra, in crisi di risultati, con Mazzola appena ritiratosi e Facchetti prossimo a seguirlo
L’intuizione di Fraizzoli fu accolta con scetticismo dalla raffinata platea nerazzurra, ma diede i suoi frutti a lungo termine: Bersellini non puntava su grandi nomi, ma su carattere e voglia di lavorare. Lanciò subito Beppe Baresi, Altobelli e Scanziani, poi Pasinato ed il genio incompiuto Evaristo Beccalossi. Dopo aver conquistato subito una Coppa Italia (1978), l’Inter si aggiudicò uno scudetto senza ombre nella funesta stagione 1979-80, caratterizzata dalla tragedia del calcioscommesse.
Bersellini rimarrà fino all’82, conquistando una seminfinale di Coppa Campioni ed un’altra Coppa Italia. Al Torino (1982-84), lascerà un buon ricordo, rilanciando i granata nei piani alti della Serie A (nel 1983-84 riuscì a tener testa alla Juve per buona parte di stagione, per poi calare nel finale, concludendo al quinto posto).
Mantovani lo chiamerà per sostituire Renzo Ulivieri nell’estate ‘84, anno in cui approdarono in blucerchiato Vialli, Souness e Mannini. Si è detto della cavalcata inarrestabile che portò alla conquista della Coppa Italia, primo trofeo in assoluto per la società. Il quarto posto in campionato, che eguagliò il piazzamento ottenuto nel 1960-61 da Brighenti, Ocwirk ed altri, fu l’inizio effettivo dell’età dell’oro mantovaniana, che raggiungerà il suo apice con lo scudetto del ‘91 e la finale di Coppa Campioni di Wembley nel ‘92. Il piazzamento della Samp di Bersellini verrà superato soltanto nel ‘91 e nel ‘94 (terzo posto) ed eguagliato nell’88 e nel 2010. Unica nota stonata: il fallito rilancio di Beccalossi; nonostante Bersellini conoscesse benissimo le qualità ed il carattere del fantasista bresciano, il giocatore non riuscì a superare le 9 presenze in campionato, finendo mestamente al Monza dopo appena una stagione.
Le cose andarono meno bene nella stagione successiva: arrivarono Aselli, Lorenzo e Matteoli e non furono ceduti elementi significativi, ma la Samp non riuscì a ripetere l’exploit della stagione precedente, forse per appagamento. In campionato rischiò di farsi risucchiare dalla lotta salvezza e finì undicesima, in Coppa delle Coppe, fu eliminata dal Benfica agli ottavi; in Coppa Italia, invece, arrivò in finale, battuta soltanto dalla Roma di Eriksson. Bersellini verrà sostituito da Boskov a fine stagione, congedandosi da Mantovani in modo assolutamente amichevole (una stretta di mano e l’augurio di buona fortuna).
Dopo la Samp, la carriera di Bersellini proseguirà fino agli anni Duemila con alterne fortune e alcune “deviazioni” curiose. Non andrà bene né a Firenze (1986-87) né ad Avellino (1987-88), mentre ad Ascoli (1988-90), dopo aver raggiunto una dignitosa salvezza, verrà esonerato nella stagione successiva. Negli anni ‘90, vivacchierà tra B e C1 (Como, Modena, Bologna, Pisa, Saronno). Nel ‘99, l’esperienza con la nazionale libica: fronteggerà con carattere l’ombra ingombrante di Gheddafi padre e figlio (soprattutto quest’ultimo, allo stesso tempo, uomo forte della federazione e giocatore di punta della Nazionale); a livello di club, in Libia, allenerà anche l’Al Ahly e l’Al Ittihad (con cui conquisterà un titolo nazionale nel 2002). In Riviera di Levante, come detto, gli ultimi fuochi di carriera, alla soglia dei settanta: salvezza repentina con la Lavagnese nel 2006 e l’incarico di direttore sportivo del Sestri Levante, ricoperto nel 2006-07.
Eugenio Bersellini se ne è andato due giorni fa a 81 anni. Sarà ricordato sempre come il primo allenatore vincente della storia blucerchiata.
Sit tibi terra levis, Mister Bersellini
6 commenti
eh… quel fine pomeriggio di tanti anni fa, 3 luglio 1985, io ero imbarcato come marinaio su un famoso yacht di un ancor più famoso magnate saudita (recentemente scomparso), e assistemmo nella saletta equipaggio, tra mille interferenze radio a quella partita, il ritorno della finale di Coppa Italia col Milan.
Metá nave era milanista, c’era uno che tifava per il Toro, un paio di interisti ed io che tifavo per il Cagliari ma avevo sempre simpatizzato per la Samp (anche perché era risalita in A insieme al Cagliari di Riva-Tiddia).
Qualcosa successe nel mio cuore di marinaio, ma da quel giorno la mia passione calcistica divenne quella blucerchiata.
Grazie Mister!
Io ero in Puglia con un amico Genoano, vacanza prenotata in tempi non sospetti. La Puglia è Milanista per eccellenza. Al gol di Charly Champagne (Souness) sono saltato sulla sedia in un silenzio assoluto. Che godimento!!!!!!!!
ricordo la gioia della prima coppa italia,ero un ragazzino di 13 anni e gli inizi col doria erano stati gli anni bui della b di fine anni 70…….un trionfo memorabile paragonabile allo scudetto.mai avrei pensato di vedere vincere qualcosa ma la cosa piu’ bella fu il gioco che esprimevamo quell’anno anche in campionato davamo spettacolo.sicuramente a livello estetico non penso sia una bestemmia dire che eravamo piu’ belli della squadra dello scudetto.ti ricorderemo per sempre mister
Io invece, a parte il grande campionato 1984-84 e la vittoria della prima Coppa Italia che ricordo con piacere, ho delle rimembranze di una Sampdoria più “antica” perché vissuta a 16 anni nella lontana estate del 1975 a Marassi una sera di settembre in gradinata Sud: chiesi a mio padre di venire con me allo stadio lui sampdoriano all’acqua di rose trapiantato a Genova dal 1949, ma parmense di origine, ed io un sedicenne innamorato dei colori blucerchiati e dei grandi bandieroni degli ultras quelli di Bosotin, Mantero, Tumiatti etc la prima generazione per intenderci; di scena, quella sera allo stadio c’era Sampdoria Roma di Coppa Italia e con mio padre ci sistemammo nella parte più alta della gradinata; fu un trionfo, battemmo i giallorossi per 5 a 3 con una tripletta di Magistrelli, e per me é rimasto il ricordo più bello di quella squadra e del suo allenatore Eugenio Bersellini che mio padre ,suo conterraneo, aveva bonariamente soprannominato il “Pramsan” (il parmigiano in dialetto parmense) .Ora riposano in pace entrambi. Grazie papà di avermi cresciuto Doriano e grazie Eugenio per quanto mi hai dato.
Bellissimi ricordi ragazzi!
Rivangando nella memoria, la prima partita che vidi in vita mia della Samp fu proprio contro il Cagliari, a Livorno in campo neutro, primo anno di A, direi quindi 1982-83, con una libecciata gelida che ti screpolava la faccia.
Io tifavo per il Cagliari, ma le tifoserie erano gemellate e si stava fianco a fianco.
Finí 0-0 ma ricordo la simpatia ed il calore di alcuni tifosi genovesi, con cui andammo a rifocillarci in un bacetto vicino allo stadio, e poi il rientro in treno, io scendevo a Spezia.
Forse quella fu la prima vera scintilla, poi definitivamente scoccata il 3 luglio 1985, in qualche punto del Tirreno o del Golfo del Leone.
Mai visto giocare la Samp cosi’ bene come in quel Samp-Milan 2-1 del Luglio 1985: tanti ragazzini terribili e un maestro (Souness) in mezzo al campo a dirigere, gioco tutto di prima: uno spettacolo! Anch’io credo che la Samp 1984-85 sia dal punto di vista del gioco la piu’ bella di tutti i tempi
Grande Bersellini