L’inizio difficoltoso, il prossimo derby, le giovani promesse blucerchiate, Cassano e Castan, la sua presunta “ottusità”. Mister Giampaolo ha parlato di tutto e di più nel corso della lunga intervista che ha concesso alla Repubblica.
Complimenti al bravissimo Stefano Zaino che ha realizzato un servizio decisamente interessante su un personaggio schivo, forse solo in apparenza, come Giampaolo: “uno scienziato del calcio” (come lo ha definito di recente Viviano), una persona ricca di spessore, valore e contenuti.
Pubblichiamo una parte dell’intervista realizzata da Zaino per Repubblica (in corsivo le domande del giornalista)
L’incontro con Ferrero
Giampaolo: “Io penso che abbia voluto lanciare un messaggio istituzionale, dare un atto di presenza. Io ci sono, la società c’è, è partecipe, ma anche vigile, attenta. Dopo quattro sconfitte lo comprendo e lo accetto. Sono abituato a mettermi nei panni degli altri, capisco le situazioni, le dinamiche, gli equilibri, in quelli della società forse avrei fatto lo stesso. Recepisco l’atto. Ma vado avanti, senza cadere nel dibattito pubblico. Tanto alla fine a giudicarmi sono i risultati”.
Ha esternato, ma ha anche specificato che la fiducia resta massima
“Sa come lavoro e come la penso. Se la società pretendesse un’altra cosa, non mi avrebbe scelto. Per me sintonia e fiducia sono sinonimi. Lasciando a me la totale responsabilità della conduzione tecnica, nel bene e nel male. Abbiamo perso quattro partite di fila, è vero, ma credo si debbano giudicare con il metro giusto. Analizzando tutto e rimarcando le singole situazioni. Che non ci hanno detto bene”.
Effettivamente è opinione comune che sette punti per il gioco espresso siano davvero pochi.
“Non ci stanno, ma è anche colpa nostra. Una gestione sbagliata di certi momenti della gara, figlia di un vissuto che per qualcuno ancora non c’è. Bisogna crescere. Ma se si punta sui giovani, e noi ne abbiamo tanti e bravi, la mancanza di un bagaglio d’esperienza non va dimenticata. Sennò c’è incoerenza”.
I tifosi della Sampdoria sembrano averlo capito più di tutti. Basti pensare a quello striscione in gradinata.
“Io ho frequentato tante piazze, questa non la raffronto con nessun’altra, perché va oltre l’ordinario. L’empatia che si è creata con me e con il gruppo è eccezionale e credo sia dovuta al nostro atteggiamento, al nostro modo di fare calcio. La sola analisi dei risultati è fredda, la classifica è corta, se avessimo avuto 3 punti in più, non sarebbe girata la parola crisi, staremmo qui a parlare di bella Samp. Certo, quattro botte hanno creato il dubbio, ma la squadra ha sempre saputo reagire, ogni volta ha ribadito il proprio principio di gioco, ha saputo tenere la barra dritta, non si è avvitata su se stessa, non è arretrata di un millimetro e questa è coerenza rispetto al lavoro. L’atteggiamento mi piace e mi dà fiducia, la voglia di difendere più lontano possibile dalla nostra porta, l’intensità fisica ed emotiva. Si può anche perdere, il calcio non è matematica. Ma giocando così, si hanno più chance di vittoria”.
Torniamo al pubblico.
“La loro passione andrebbe ripagata con i risultati e non è retorica, perché il vero affetto di una tifoseria si pesa nelle sconfitte e loro sinora sono stati un valore aggiunto, come incitamento, comportamenti, vicinanza, senso di appartenenza. Un esempio di vero amore e fedeltà. Noi siamo obbligati a contraccambiare, io ci credo. Come? Essendo attivi e mai passivi. Perché se lo diventiamo, rischiamo di sparare a salve. Loro sono sempre al nostro fianco, senza se e senza ma, meritano soddisfazioni. Nel presente, ovvio, e pure nel futuro. Io ho progettato un lavoro di due anni. Se ho la fortuna di poterlo portare a termine, se come spero si traduce in crescita, garantisco tante soddisfazioni e una bella Samp. Che diverte anche me, come è capitato l’anno scorso ad Empoli”.
Peccato che alle porte ci sia un ciclo terribile.
“Io guardo poco il calendario, anche perché reputo tutte le gare difficili e qualcuna addirittura proibitiva. Detto questo, io me le gioco tutte. Mai un passo indietro, nemmeno contro la Juventus o il Napoli, che gioca il calcio più bello d’Italia. La mentalità non deve mai cambiare. Solo così possiamo stupire. E imporci”.
Derby vicino, poco più di una settimana.
“So cosa significhi per un tifoso, è una gara speciale, esistenziale, fuori da ogni logica e schema. La vigilia credo sia eccezionale, ci si prepara al derby, mi raccontano che si vada allo stadio con sciarpe diverse, affascinante, e poi non ci si parla più. Andrebbe vissuto in gradinata. Infondere motivazioni è facile, il calciatore sa annusare il vento, è attento a certi particolari, sa cosa si gioca con la gente, è consapevole della posta in palio. Ma lo sono anch’io. E’ come se mi trovassi ad un tavolo da gioco e dico banco: posso perdere tanto, ma anche guadagnare molto di più. Credibilità ed entusiasmo per mesi”.
Prima però c’è Pescara.
“Torno a casa, dove ho cominciato questo lavoro, tre anni intensi. Con le società diventate aziende, il profumo diverso dell’erba, perché magari è sintetica, i bilanci, i numeri, tutte cose che penalizzano la passione, il sentimento è rimasto l’unica cosa vera, autentica, incarnata dai tifosi in mezzo ai commercialisti del calcio. Ci sarà emozione, ma devo metterla da parte, perché noi, prima del derby, non possiamo assolutamente sbagliare. Ci vuole lucidità, come contro il Genoa. Una vittoria può rappresentare un passo grande nella nostra stagione”.
Capo d’accusa ricorrente: Giampaolo marca lo spazio e non l’uomo.
“Diverso: marco l’uomo che s’inserisce nello spazio. Io non faccio correre dietro all’avversario, coprendo lo spazio di altri, dico di correre dentro al mio spazio. Quindi non è vero che non marco, se siamo organizzati e posizionati bene, ogni avversario è sotto controllo. Il mio è un castello difensivo. Se cambiassi qualche movimento, crollerebbe tutto. Per questo non posso modificare il modulo, a meno di ricominciare. Ogni allenamento è impostato sulla nostra concezione di calcio. Prendiamo la corsa, per me non conta il volume, ma l’alta intensità. La qualità di corsa per coprire gli spazi. Lo fanno capire anche le statistiche: se guardo i chilometri percorsi in astratto siamo fra gli ultimi, se mi soffermo su quelli ad alta intensità siamo fra i primi. Perché siamo corti e corriamo meglio. Sforzi brevi e non prolungati. Stesso discorso per l’attacco: se punto sul 4-2-3-1, devo cambiare tutti i movimenti offensivi e il castello crolla di nuovo. Si può adottare a partita in corso, mai dall’inizio. Io sono questo: se casco, fallisco nella mia strada. Se trionfo, è merito della via che conosco. Da qui anche la scelta di privilegiare chi conosce i meccanismi: chi non è pronto, non può giocare. Però non mi arrendo: lo alleno, per arrivarci. C’è un mondo dietro alla mia coerenza, tutta un’impalcatura, non è fanatismo religioso”.
Il mercato fatto dalla società l’ha aiutata?
“Mi ha soddisfatto. Tutti gli allenatori pensano a degli aggiustamenti, ma ora non è il momento di parlarne. La politica è figlia dell’idea del club, si punta sui giovani e a me sta bene. I giocatori che ho sono funzionali, disponibili, tutti intelligenti e ricettivi”.
Non lo era Castan.
“E’ un ottimo giocatore, ma nel mio modo di pensare difensivo era indietro. Era venuto qui per giocare, io gli ho detto: non te lo posso garantire adesso e lascio a te la scelta. Un mio atto di onestà, ma non lo rimpiango, non era funzionale al mio progetto. A trent’anni non posso smontarlo e rimontarlo. Come invece sto facendo con Dodò. Sta crescendo, quando mi dimostrerà che la sua attenzione sui meccanismi difensivi non cala mai, giocherà. E magari non esce più. Skriniar invece è stato messo in croce. Prenda nota: in certi momenti fa letture straordinarie della gara. Diventerà un difensore fortissimo. Praet? Ha gamba per fare il centrocampista. Qualità indubbie, con il tempo uscirà. Come ci vuole pazienza con Schick, su cui scommetto. Però da lui non voglio virgole, ma punti. Bruno Fernandes avrà tanto spazio: non è un limite essere devastante a partita in corso. Torreira? Deve migliorare la qualità, ma ha sempre i tempi giusti. Ora merita, ma so che c’è anche Cigarini. Che sta crescendo. Linetty? Intelligentissimo, impara al volo”.
Resta Cassano.
“Irreprensibile, sino a quando l’ho allenato. Volutamente lo trattavo peggio degli altri, per stimolarlo. Anche adesso spesso facciamo due chiacchiere, è intelligentissimo, fiuta le cose prima degli altri e capisce molto di calcio, tanto è vero che può diventare un grande allenatore. Averlo in gruppo non mi avrebbe dato fastidio, perché io gli ho parlato chiaro sin dall’inizio, il passato non conta, fai le cose per bene e io ti terrò in considerazione. Stesse parole che ho usato con gli altri, si riparte da zero a zero. Qualcuno, prima di arrivare, mi diceva: liberati di questi, ti creeranno problemi. Non faccio nomi, ma sono i migliori. Credo molto nei rapporti senza pregressi: conta la serietà. Detto questo, la vicenda Cassano passa sopra la mia testa. Una scelta figlia di una politica societaria e io faccio l’allenatore”.
9 commenti
Rimango un pò perplesso nel passaggio quando il mister afferma che “se punto sul 4-2-3-1, devo cambiare tutti i movimenti offensivi e il castello crolla di nuovo. Si può adottare a partita in corso, mai dall’inizio. Io sono questo: se casco, fallisco nella mia strada. Se trionfo, è merito della via che conosco.”
Mi domando: ma è possibile che un allenatore conosca in pratica un solo sistema di gioco?
E che non sia disposto a provare a cambiare perchè quella per lui è l’unica via? Ma perchè?
Spero per lui ma soprattutto per la nostra Samp che alla fine abbia ragione…
Parole che spiegano la sua carriera pessima e che mi fanno tremendamente paura!Deve capire che le squadre avversarie poi sanno come giochi e quando diventi prevedibile poi fai il doppio della fatica, soprattutto quando in rosa (a tutt’ora)non hai un giocatore che sappia saltare l’uomo con un dribbling, e che dia fantasia e imprevedibilità alla manovra.
io invece tremo quando dice che anche contro le grandi se la gioca e non cambia…..sicuramente ammirevole negli intenti e nella coerenza ma quelle squadre ti imbarcano.per il resto persona squisita e serissima ma questo lo si sapeva gia’
Provate a pensare negli ultimi 2 anni quante partite abbiamo perso….bene con quale modulo vuole giocare Giampaolo? Ma se hai dei brocchi nella formazione base diciamo 3/4elementi dove vogliamo andare!!!
Sono un tifoso manicheo e nella metà “buona” vedo la Samp tra due anni che si gioca la Champions come quella, assai bella, di Del Neri (e Cassano con Pazzini), in quella “cattiva” immagino la Samp che, se non batte il Pescara, alla tredicesima giornata si troverà all’ultimo posto in classifica (o quasi…) ed anche distanziata dalle altre. E addio sogni di gloria. Va bene, per la salvezza la strada satrebbe ancora lunga…..ma comunque abbordabile. Sperando in Crotone, Pescara e…non so.
basterebbe anche una via di mezzo dai………
Purtroppo il manicheismo è una filosofia(o religione) dualista. Non prevede la terza via. Non c’è scampo. E ne so qualcosa io che per la Samp o mi esalto (mai di questi tempi……) o mi abbatto in modo terrificante al punto da staccare la spina per troppa sofferenza. Penso anch’io che sarebbe meglio una strada più pacifica ma purtroppo, per me, non è percorribile. Sono un tifoso forgiato da tanti, tanti, tanti anni di sofferenze e pochi (ma bellissimi e indimenticabili) anni di gioie. Ma mio nipote Pierpaolo, che ovviamente è più giovane di me, mi ha fatto un quadro a tinte fosche per il futuro (tipo Parma…..) se andrà avanti questa dirigenza(leggi presidente). Speriamo si sbagli….
Non ho mai aentito un allenatore della Samp parlare cosi. Io ” ci credo”
Penso che credere nel nostro allenatore sia l’ unica possibilita’ che ci resta per provare a crescere, tutto il resto e’ noia e buio.