“Goteborg Blues”, “La Grande Rimonta”, “La Ragazza di San Siro”: è la triade di romanzi di Stefano Rissetto, dove grandi storie individuali si intrecciano alla meravigliosa storia blucerchiata.
Abbiamo parlato con l’autore, apprezzato giornalista del Corriere Mercantile e romanziere di successo, sempre ispirato dalle vicende blucerchiate.
Le sue storie volano dai tempi della finale di Goteborg (in cui un gruppo di amici attraversa l’Europa per vivere l’ultima notte di giovinezza, ma anche per assistere alla partita più importante della Sampdoria) fino al ritorno playoff di Varese 2012, bagnato da un temporale euforico di gioia doriana (cuore narrativo ne “La grande Rimonta”).
Nella bibliografia di Rissetto c’è spazio anche per il ricordo di un calcio ormai lontano, un romanzo ambientato all’inizio degli anni ’80.
E’ la bellissima storia de “La Ragazza di San Siro”, tutta la vita in una partita di calcio: può accadere, se si tratta di Milan-Sampdoria 0-1, anno di Grazia 1981, gol di Chiorri al 16′ della ripresa.
Chiediamo dunque a Stefano Rissetto, in un’intervista esclusiva per il nostro blog:
Perché dalla vasta storia della Samp hai scelto proprio questi tre argomenti per i tuoi libri?
Rissetto: “La vittoria a San Siro del 22 marzo 1981 è stata un’esperienza personale epocale: la prima trasferta da solo, senza la tutela di mio padre; il primo viaggio a Milano, la prima vittoria dopo molti anni in uno stadio come San Siro.
Quel pomeriggio preconizzava quel che di lì a pochi anni, proprio a San Siro prima nel 1985 e poi nel 1991, sarebbe avvenuto.
E quel successo era arrivato a firma di un giocatore che per la mia generazione è stato il più importante di tutti: non ha vinto nulla, non ha scritto pagine concrete, ma ha inciso un segno indelebile nel nostro immaginario, ci ha insegnato a sognare. Su questa partita ho costruito una storia, in gran parte autoreferenziale, che lega a quel Milan-Sampdoria una serie di desideri rivelatisi illusioni, l’amore umano e quelli per la letteratura e il giornalismo, infine una “dichiarazione” a Milano.
“La grande rimonta” è nato all’indomani di Varese, anzi la notte stessa, dopo una conversazione con Giulio “Dottor Booga” Ravagni, un grande amico e un talento eccezionale ancor prima che un ottimo editore. Avevo la sensazione di dover condividere quel lungo viaggio al termine della notte con tutti gli amici che, forse, si aspettavano ne “La ragazza” una storia più esplicitamente sampdoriana e meno intimistica. E’ che per me la Sampdoria è sempre stata qualcosa di più, di diverso dalla Sampdoria”.
Tema ricorrente nelle tue storie è il viaggio. Quanto è importante nella tua vita di giornalista/scrittore?
“Da bambino speravo che fare il giornalista sarebbe stata un’occasione di viaggiare, di conoscere città, popoli, storie. Purtroppo avrei letto troppo tardi “Il deserto dei Tartari” per capire che il destino di quasi tutti i giornalisti è una specializzazione stanziale prossima all’autoreferenzialità.
Ma la mente consente viaggi infiniti, per fortuna ogni biblioteca è un piccolo mondo più grande del mondo. Il viaggio è una metafora fin troppo automatica, tra privato e lavoro l’Italia e l’Europa le conosco ormai abbastanza bene, ma in realtà non ho viaggiato molto sul piano concreto. Sono stato fuori dall’Europa una sola volta e per un solo giorno, per il San Valentino del 2007, a Tripoli per Libia-Sampdoria. Non ho mai visto l’America, l’Asia, insomma il mondo. Ho cercato di supplire leggendo moltissimo”.
A questo proposito, quali sono i tuoi punti di riferimento letterari?
“La mia trinità letteraria è formata da “Guerra e pace”, il “Furioso” e soprattutto il “Chisciotte”. Letture imprescindibili. Sono un lettore disordinato e onnivoro, da sempre procedo per intuizioni, assonanze, copertine, titoli, analogie balenghe. Se devo indicare uno scrittore cui devo più che a ogni altro e che ho avuto l’onore di avere come amico, non posso che dire Antonio Tabucchi. Se devo parlare di colleghi giornalisti, leggo avidamente il ciclismo di Mura e qualsiasi cosa di Emanuela Audisio, che è la più brava di tutti.
Raccontaci un episodio tra quelli che narri nei tuoi libri, a cui sei più affezionato.
“In “Goteborg Blues”, all’io narrante capita perfino di fare un tratto di viaggio nello stesso scompartimento di Jim Morrison e Kurt Weill. Questo per dire che nei miei libri spesso il reale non è razionale e il razionale non è reale. Invece mi sono stati addebitati, come prodotto di fantasia, due dei pochi episodi davvero accaduti in quel viaggio in Svezia. L’incontro con Paolo Mantovani e Mario Rebuffa davanti alle porte dell’ascensore, nell’Hotel Opalen requisito dalla squadra e quindi deserto, più io e i miei due compagni di avventura che eravamo lì a nostra insaputa: tutto vero. Così come il furgoncino che sotto i miei occhi scaricò le casse di champagne davanti all’ingresso dello spogliatoio dell’Anderlecht, prima della gara.
Più passa il tempo e più credo che sia stato davvero tutto soltanto un sogno: si scrive anche per questo, per salvare la memoria, spesso contraffacendola per correggere gli errori del reale“.
Per chi lo volesse, i libri di Stefano Rissetto si possono acquistare sui siti: www.soulsamp.com e www.boogaloopublishing.com