“Rigore è quando arbitro fischia”, è la sua massima più conosciuta, citata da tutti. E in effetti Boskov era un allenatore amato dai tifosi di tutte le squadre. Ma Vujadin era essenzialmente il NOSTRO allenatore.
Un mito vivente, che in sei anni, alla guida di una Samp che si affacciava con l’impeto dell’incoscienza sui grandi palcoscenici d’Europa, vinse lo scudetto meraviglioso del 1991, una Coppa della Coppe, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, (per tacere della sfortunata finale di Coppa Campioni 1992 contro il Barca, forse il punto più alto della storia blucerchiata).
Boskov era un “santone” dei campi di calcio, ma anche un uomo dalla battuta fulminante.
Il mondo del calcio lo stimava, lo apprezzava a dismisura. Ma per noi che siamo cresciuti con quella squadra miracolosa, Boskov era la normalità: l’Allenatore, il saggio, lo zio acquisito che smorzava la tensione con l’ironia, il maestro che ti insegnava sempre qualcosa.
E va bene che in quella squadra incredibile, che sfiorò il tetto d’Europa, c’erano tanti allenatori in campo: “I Vialli, i Mancini, i Pagliuca, I Cerezo, i Vierchowod”, come lui li chiamava, precedendo il loro nome con l’articolo al plurale, come se ce ne fossero diversi.
Boskov sapeva radunare tutte queste teste “calde”, tutte queste personalità esplosive, di classe sopraffina, per ottenere una sola orchestra che suonava un ritmo magico. Perché, come diceva zio Vuja: “Vedere Sampdoria è come ascoltare grande musica”.
Vujadin era un allenatore preparatissimo, ma anche un provocatore: un direttore d’orchestra eccezionale. Prese fra le mani un gruppo di giovani talenti, nel 1986, e ne fece in 6 anni una squadra di campioni maturi. Ben conoscendo la precarietà della sua condizione di allenatore: “giocatori vincono, allenatori perdono”, ripeteva.
Sapeva trattare con i fuoriclasse. Era un saggio: non dimenticava mai che per ottenere grandi risultati bisogna lasciare spazio libero ai fuoriclasse, non imbrigliarli negli schemi.
Per i bidoni, invece, c’erano altri luoghi dove esibirsi. “Perdomo può giocare solo in mia villa con mio cane”- disse una volta zio Vuja, riferendosi all’anti-calcio di un vecchio acquisto rossoblu.
Una frase che non piacque molto a Paolo Mantovani, che desiderava un altro tipo di fair -play dai doriani.
Ma ci immaginiamo Paolo, sua santità, ridacchiare a denti stretti dopo aver ascoltato quella metafora canina.
Vujadin amava la Sampdoria, la sentiva la creatura più sua, nonostante fosse un vagabondo del pallone e avesse allenato in passato anche il Real Madrid. Nonostante avesse vinto tanto, in giro per il mondo: “Ma lo scudetto con Sampdoria è il più bello e più dolce. Come quando ti nasce primo figlio” – disse, ricordando i passaggi della sua carriera.
Quella Sampdoria era infatti la sua figlia prediletta, la regina sotto i riflettori, da difendere contro tutto e tutti. Anche contro molti giornalisti, magari locali e di fede genoana. Quelli che, a suo dire, “hanno la testa buona solo per reggere il cappello”.
Nel calcio di quell’epoca, pieno di squadroni (come il Napoli di Maradona, il Milan degli olandesi, l’Inter di Matthaus e c.), la Samp riusciva a primeggiare, grazie soprattutto al suo allenatore, che dava l’anima per la squadra e per i suoi ragazzi: “Ogni volta che entro a Marassi perdo tre chili, non ho bisogno di diete” – diceva spesso Vujadin. La gioia, la simpatia della Sampd’Oro era sintetizzata dal suo allegro condottiero. Forse, al di là di tutti i campioni che ci giocavano, l’essenza di quella grande squadra era proprio lui.
Boskov fu precursore di molti grandi allenatori-personaggi dei nostri giorni: da Mourinho a Benitez, da Guardiola a Villas Boas.
Ma rispetto a questi ultimi poteva vantare una cultura incredibilmente superiore, un’ironia molto più intelligente e sottile: le sue massime sarebbero degne di un libro di aforismi.
Vuja era, in fondo, un allenatore saggio: consapevole che esistono ”poteri forti” che reggono l’operato umano: la buona e la cattiva sorte con cui si deve, sempre, fare i conti.
E questo vale anche per il campione più grande, anche per la squadra più forte.
Il campo da calcio, infatti, è come la vita: lo ripetevano grandi letterati come Osvaldo Soriano (solo omonimo del nostro centrocampista goleador), o Albert Camus (che un giorno disse: “Tutto quello che so sulla vita lo devo al calcio”).
Ma perché tanta letteratura quando basterebbero, per riassumere il concetto, tre parole di zio Vuja?:
“Pallone entra quando Dio vuole”…
Mourinho, a casa!
9 commenti
:'(((
UN DOLORE IMMENSO…….SEMPRE E PER SEMPRE NEL CUORE DI TUTTI I SAMPDORIANI……CIAO VUJA !!!!!
tristezza infinita
Sempre nei nostri cuori!!!! Grazieee
E viene in mente il titolo più famoso di Osvaldo Soriano (“Triste, solitario y final”) come metafora della vita che per i grandi, comunque, non finisce nella fisicità perduta ma continua eternamente nella memoria. Grandissimo Vujadin sei stato più che un allenatore, più che un semplice uomo. Un’icona splendente nel firmamento blucerchiato. Grazie non ti dimenticheremo!
P.S. Mi viene un’ultima considerazione. Penso che Boskov sia stato l’unico allenatore la cui immagine, a prima vista, è come se avesse detto, parafrasando il Re Sole, “La Sampdoria c’est moi!” O ancora come quel film…..”Io sono….Sampdoria”. Bello!
il mio nick è legato ovviamente ad un’epoca leggermente precedente
ed a una data che ha segnato, a mio modo di vedere, la “svolta” storica per la samp:
finalmente avevamo vinto un trofeo, un vero trofeo
eravamo diventati una squadra vincente !
però non posso che salutare un allenatore/zio paterno che ha fatto crescere e maturare
quei campioncini che cominciavano ad affacciarsi
gestendo uno spogliatoio certamente non facile quanto a “personalità”
alternando l’ironia e la saggezza
a mio modo di vedere era l’unico allenatore dell’epoca che avrebbe potuto tenere saldo quel gruppo, portandolo a grandi successi
e contribuendo all’alone di simpatia che circondò per tanti anni la sampdoria
(difficile essere vincenti e simpatici allo stesso tempo: quella samp ci riuscì sicuramente)
e i messaggi di affetto che giungono da tutta Italia, tifoserie avverse comprese,
consacra questo aspetto che lo rende immortale !
ciao Vuja
Quanta nostalgia!
Nel 1992 dopo Wembley, Samp-Cremonese, ci salutarono in un colpo solo Vialli, Cerezo, Pari, Boskov e lo ricordo come uno dei giorni peggiori della mia vita di tifoso.
Cremonese????
Scusa ho capito solo ora