Pensavo fosse buono invece era un calesse
Puntata numero 14
MARCO ANTONIO LEMOS TOZZI “CATE'”
(Cruz Alta, 7 novembre 1973 – Ipê, 27 dicembre 2011)
Ruolo: Mezza Ala e Mezza no
Transito Blucerchiato: 1998-2000
Presenze: 17
Gol: Incredibilmente 1
Fischiometro: Silenzioso per rispetto (ma quella rete divorata a San Siro avrebbe fatto crollare i marmi di San Pietro)
E’ sempre un compito ingrato quello di dover scrivere a proposito di coloro i quali ormai non sono più, ma la cronaca dei calessi è un dovere enciclopedico e quindi oggi siamo qui a narrare le gesta del defunto Marco Antônio Lemos Tozzi, in arte Caté.
Il soprannome pare venisse dalla propensione dei suoi amichetti d’infanzia nel reputarlo di un’altra categoria: con il passare del tempo venne però alla luce che, probabilmente, si riferivano sempre a quella inferiore.
Il piccolo brasiliano dallo scarso pedigree aveva vagabondato mestamente per una mezza dozzina di squadre brasiliane senza lasciare traccia alcuna quando, un giorno, venne consigliato alla dirigenza blucerchiata da niente-popò-di-meno-che Toninho Cerezo.
Probabilmente il nostro vecchio e sempre amato centrocampista aveva alzato il gomito in un party carioca ricco di Cachacha e ballerine en travesti, la notte in cui visionò il filmato proveniente dal Cile, paese in cui Cate stava giocando con la maglia dell’Universitad Catolica.
Piccolo, veloce e propenso ad arrotolarsi su se stesso, venne presentato come una di quelle scommesse carioca dalle quali tutto si può guadagnare. Ovviamente la Sampdoria perse i soldi, la faccia ed anche la Serie A.
Di certo la colpa non fu del solo brasiliano se quell’anno arrivò l’onta della retrocessione. Eppure tutti noi che abbiamo vissuto con il dramma nel petto quella stagione non possiamo dimenticare il suo errore madornale nella sfida di San Siro contro il Milan: le solite leggende metropolitane narrano addirittura che ancora oggi echeggino grida blasfeme cariche di rabbia nei lunghi corridoi del settore ospiti.
Con la maglia blucerchiata segnò anche due reti, una in campionato contro il Venezia ed una in Intertoto contro gli slovacchi del Tauris. Non si ricordano altri momenti degni di nota. Forse la sua fumosa e innervosente visione del calcio avrebbe potuto servire a qualcosa in serie cadetta ma il nuovo tecnico Ventura decise che non avrebbe scherzato con il gioco d’azzardo e lo fece rispedire in Brasile via Pechino.
Leggendarie, però, furono le sue scorribande alcoliche in compagnia di Ortega e Cordoba che regalarono alcune pensioni dorate ai gestori dei locali sparsi fra Bogliasco e Varazze.
Amava la birra bevuta a fiumi e amava la guida sportiva. Non è dato sapere se in quella mattina del dicembre del 2011 avesse per l’ennesima volta unito due fra le sue più grandi passioni, ma fatto sta che finì la corsa della sua vita contro un Tir Scania lanciato sulla corsia opposta.
Oggi, per chi ci crede, sta giocando in una fortissima nazionale brasiliana celeste di Calessi mondiali: Dida para, Vampeta e Portaluppi creano, Cate suggerisce e Caio finalizza.
Robe dell’altro mondo, insomma.
3 commenti
Eppperò… Qui giù il cappello per uno dei migliori articoli di sempre… Comunque io quelle urla le sento ancora….
chi era che aspettava invano il suo passaggio per spingerla dentro da zero metri? Pecchia?
Era Iacopino. Quella azione consegnò lo scudetto al Milan (segnò Ganz subito dopo in pieno recupero) e la retrocessione alla Samp