Pensavo fosse buono invece era un calesse
Puntata numero 12
DANIELE “DANNY IL DANDY” DICHIO
(Hammersmith, 19 ottobre 1974)
Ruolo: Punta di Zircone
Transito Blucerchiato: 1997
Presenze: 0
Reti: 0
Fischiometro: 0 decibel perché c’è mai stato un motivo per fischiarlo?
Nella stagione 97/98, la rosa dell’Unione Calcio Sampdoria poteva contare talmente tanti Calessi che questa rubrica avrà materiale ancora per diversi anni. Di alcuni abbiamo già scritto, di altri daremo notizia a breve.
Quell’anno l’attacco blucerchiato vide un originale susseguirsi di personaggi incredibili e dall’alone storico invidiabile: Jurgen Klinsmann, Beppe Signori, Sandro “Il Kober” Tovalieri, Francois Omam- Biyik, Paco Soares, la mezzapunta già calessata Morales e, ultimo fra gli ultimi, Daniele Dichio.
Già da qualche anno accadeva che nel calcio che conta si prendessero clamorosi abbagli per via di singoli filmati raffiguranti imprese calcistiche da fenomeni. Nell’estate del ’97 girò sulle televisioni di tutto il mondo la fantastica rete segnata da Danny contro il Wolverhampton nella stagione appena terminata. Eriksson lo consigliò a quella volpe spelacchiata di Salvarezza il quale, dopo aver preso informazioni sul giovine, fece l’affare a costo zero: aveva infatti scoperto che la stampa inglese lo aveva eletto giocatore più bello del mondo e quindi, in un modo o nell’altro, sarebbe stato utile alla causa blucerchiata.
Bello, bravo, sorridente, letale sottoporta, apprezzato dj ed elegante ragazzo dalle buone maniere sembrava poter essere l’attaccante del futuro, il colpo dorato che sistema gli anni a venire. Mai impressione si rivelò così sbagliata rispetto alla dura, cinica e bara realtà.
Danny, innanzitutto, all’arrivo a Bogliasco non trovò lo svedese Eriksson, che ne aveva sponsorizzato l’acquisto, bensì il già citato marxista-leninista Menotti. I libri di storia parlano di una prima session di allenamento personalizzata durante la quale Luis Cesar spiegò per 4 ore filate al povero calciatore inglese il motivo per cui si dovesse utilizzare il nome “Malvinas” per appellare le famose isole contese tra Regno Unito e Argentina.
Dichio, frastornato, non si riprese più e prima di poter finire sotto i colpi dialettici del labbro di Novi Sad Boskov, cambiò aria per accasarsi al Lecce. Alla fine di quell’umiliante campionato tornò mesto ed invecchiato a Genova, dove venne affidato ad un peschereccio di acciughe e rispedito oltre le bianche scogliere di Dover. Rimise piede in Italia soltanto da clandestino, visto che ancor oggi si reca ogni settembre in una fattoria di Canosa di Puglia per l’annuale scorpacciata di Burrata, delicatezza della quale va ghiotto.
Oggi ha appeso gli scarpini al chiodo e si dedica all’attività di modello per riviste settoriali quali: “Maturi al Vento” o “ Orsi che guardano curiosi”. La sua eterosessualità, al contrario del suo talento calcistico, non è comunque mai stata messa in discussione.
1 commento
Una sera in un locale di Miami la mia attenzione viene catturata da un nero con l’aria da rapper, in occhiali da sole e maglia blucerchiata. Senza pensarci due volte mi lancio e gli chiedo delucidazioni, per scoprire che e’ un grandissimo amico di Danny Dichio (Dìsci-o, come lo pronunciano gli albionici) e che era venuto a Genova a trovarlo ai tempi della Samp. Tutto di quell’esperienza (dallo stadio, alla citta’, ai tifosi) viene raccontato in termini che vanno da “brilliant” a “fantastic” ad “amazing”. Ovviamente la maglia che indossava era quella originale del suo amico. Da quella sera Dichio e’ un mio eroe.
Ciao,
Filippo