Pubblichiamo il commento di Roberto, grande tifoso blucerchiato, per anni autore dei provocatori articoli de “La rametta blucerchiata” sulle pagine del quotidiano genovese “Il Lavoro”.
Forse in pochi sanno che cos’è la “Rametta” e soprattutto dove si trova.
In Piazza De Ferrari c’è un posto dove i vecchi tifosi di una certa squadra della nostra città da sempre si ritrovano per commentare le avventure, spesso negative, che riguardano la propria società.
Mio padre, che era un po’ provocatore, spesso si aggirava da quelle parti per ascoltare i lamenti più disparati (e disperati) e quando tornava a casa mi raccontava tutto, sempre un po’ divertito. Fino a che non è stato scoperto… e da allora non si è fatto più vedere da quelle parti.
Quella “rametta” era poi diventata una sorta di appuntamento settimanale (La rametta rossoblù) sul quotidiano Il Lavoro, diretta da un grande “nemico”, il Prof.Piero Campodonico che però, permettetemi di dirlo, è un mio caro amico. Proprio lui un giorno, conoscendo la mia fede per il Doria mi propose di curare l’alternativa “Rametta” blucerchiata e così apparvero, l’una di fronte all’altra, le due rubriche che diventarono una sorta di megafono della tifoseria, quasi le antesignane degli SMS televisivi e naturalmente dei siti internet.
Correva l’anno 1979 e da pochi mesi alla guida della Sampdoria era arrivato nientemeno che Paolo Mantovani. La squadra navigava senza entusiasmi nel limbo della serie B quando alla settima giornata (1979/1980) il presidente decise di esonerare il “molle” Lamberto Giorgis per assumere il vulcanico Lauro Toneatto. Quell’esordio in panchina coincise con il mio battesimo giornalistico.
I dibattiti tra i tifosi si sprecavano e le critiche, si sa, avevano sempre la meglio. D’altronde non è che la Samp fornisse prestazioni tali da esaltare i tifosi e difatti, pur con un certo miglioramento, non riuscì ad agguantare che un modesto settimo posto finale. A volte avevo la sensazione che la “rametta” mi esplodesse tra le mani, tanto erano le frustrazioni a dettare la linea editoriale. La serie cadetta era diventata la nostra casa e le speranze di risalita dovevamo riporle ogni anno nel cassetto delle utopie. Non avevamo eccessive ambizioni, ma ci sembrava che la massima serie, che avevamo frequentato per molti anni, pur tra mille sofferenze, dovesse essere il nostro mondo abituale. La promozione era ancora di là da venire ma ci consolava non poco la presenza del Presidente, la sua tenacia, la fiducia che immetteva nei nostri cuori e l’idea di un futuro migliore che poco a poco divenne certezza.
Anche la “rametta” nel tempo assunse toni più rosei fino a che non esplose nella gioia più grande, il 6 giugno 1982, con l’agognato ritorno in serie A. Ricordo con un pizzico di commozione il ripetuto grido ritmato della gradinata Sud e di tutto lo stadio, il caro, vecchio Luigi Ferraris, che, non vedo per quale ragione, debba essere considerata la “casa” dei cugini, visto che la nostra storia si è sviluppata proprio su quel prato e tra quelle pareti di folla. Se poi il futuro ci vedrà impegnati nel “SAMPDORIA STADIUM” vorrà dire che una nuova grande pagina si aprirà nella storia della squadra con i più “bei colori del mondo”. Ma questa, per il momento, è un’altra storia.