La Nobile Arte del pugilato e il gioco del calcio hanno, a ben pensarci, un fondamentale punto di contatto nella genesi stessa di questi due sport: entrambi, dopo essere nati dall’ozio proprio dell’aristocrazia, divennero attività eletta dalle classi meno abbienti per poter disporre di strade percorribili verso la gloria e, ovviamente, la gratificazione economica.
Marvin Hagler e la Sampdoria, seguendo tale spunto, sono due forme moderne di questo singolare tragitto d’elevazione: sia il pugile di Brockton che la squadra Blucerchiata hanno raggiunto traguardi importanti contando solo sulle proprie forze e partendo da realtà difficili nelle quali emergere. Non a caso The Marvellous si è ovviamente dichiarato sampdoriano in virtù della sensazione di ritrovare nei colori blucerchiati l’essenza del cosiddetto Underdog, come lui stesso si riteneva: lo sfidante che pochi calcolano come vincitore ma che alla fine stupisce tutti portando a casa il trofeo. Oltre che una meravigliosa poesia cromatica, senza dubbio.
Purtroppo la notte scorsa, per cause non ancora accertate mentre viene scritto questo doveroso omaggio, Marvin Nathaniel Hagler è venuto a mancare a soli sessantasei anni, consegnando alla storia la fine della parabola umana di uno fra i talenti più cristallini della boxe d’ogni tempo.
Da molti anni aveva legato la sua vita all’Italia sia per un amore intramontabile verso le bellezze del nostro paese sia per l’importante collaborazione del campione con diverse scuole pugilistiche sparse per la penisola. E’ stato in questa condizione di italiano per cultura e d’abitudini che ebbe modo di conoscere e di innamorarsi dei nostri splendidi colori sociali.
Prima di questa epifania, Marvin Hagler è stato uno dei migliori pesi medi di tutti i tempi e fra i cinquanta pugili pound for pound d’ogni epoca. Iniziò la sua carriera negli anni settanta, incontrando da subito un sentiero in salita per via di due sconfitte impostegli da arbitraggi casalinghi a lui avversi.
Risultò comunque agli occhi degli esperti un fenomeno assoluto tanto da conquistarsi la possibilità di concorrere al titolo sfidando il cinematografico fighter italo americano Vito Antuofermo. Il match in questione finì in un pareggio, rimandando la conquista del titolo di pochi mesi. Nel 1980, infatti, volò in Inghilterra per affrontare e battere in tre riprese il britannico Alan Minter (match interrotto dall’arbitro al terzo round per non avere sulla coscienza la vita dell’ormai ex campione inglese e al quale seguì un fitto lancio di oggetti oltre che l’arresto di trenta persone di quel pubblico che proprio non riusciva a capacitarsi di come quel semi sconosciuto pugile americano avesse potuto annullare l’idolo locale).
A questa vittoria fece seguito un regno durato sette anni e che vide una serie di difese del titolo contro una lista di pugili quasi omerica da quanto appaia tutt’ora mitologica: Roberto “Mani di Pietra” Duran, Juan Domingo “Martello” Roldàn, Thomas “Motor City Cobra” Hearns (che con Hagler dette vita all’incontro soprannominato “the War” per via dell’intensità con cui venne affrontato dai due atleti) e John “La Bestia” Mugabe (quando incrociò i guantoni con il nostro Marvellous fece vere e proprie scintille durante quel noto sesto round che forse si pone fra i tre minuti sul ring più belli di sempre).
Nel 1987 perse il titolo mondiale contro l’ottimo Sugar Ray Leonard in un combattimento che tutt’ora divide gli appassionati per via di un verdetto abbastanza dubbio in favore dello sfidante e che spinse Marvin Hagler a smettere con la boxe, rinunciando a una borsa milionaria già messa sul piatto dagli organizzatori per l’eventuale rivincita con Leonard. Schifato dai giochi di potere dietro al suo sport sempre più corrotto, si ritirò a vita privata. Una scelta che rimane in linea con la sua biografia.
Le persone che hanno vissuto o si sono allenate al suo fianco hanno sempre descritto un uomo puro, un atleta perfetto e un pugile magnifico capace di raggiungere qualsiasi obbiettivo grazie all’incrollabile determinazione e a una tecnica sopraffina raggiunta in virtù della maniacale applicazione oltre, certamente, a un evidente e rarissimo dono naturale.
Noi non siamo usi a metter di straforo cravatte con i colori della nostra squadra nelle bare delle persone famose e quindi, con grande rispetto e non poca nostalgia, ci sentiamo di rendere un semplice omaggio a un monumento assoluto del pugilato che ha avuto parole d’affetto per la nostra amata Sampdoria, e tanto basta.
Un brindisi a te, Marvin Hagler: che meraviglioso pugile che sei stato! E Forza Sampdoria. Sempre.
2 commenti
Marvin, negli anni ottanta era lui a introdurmi nella box. Prima d` andar a scuola (media) mi ricordo che ero attaccto alla TV a vedermi i match di Marvin che col fuso orario mi permetteva di “accompagnare” le sue imprese. Che fosse sampdoriano son venuto a sapperlo solo pochi anni fa e allora non stavo più nella pelle, talmente grande la gioia.
Marvin!!!!!!!!
In qualche scazzottata ci sarebbe stato utilissimo direi….