Qualche giorno fa SampGeneration ha parlato della battaglia che sta conducendo la società sul fronte dei diritti televisivi per cambiare le “regole d’ingaggio” e valorizzare nel migliore dei modi il prodotto Serie A. In particolare, le “sette sorelle” hanno chiesto alla Lega Calcio di affiancare un consulente scelto dai club all’advisor designato, ossia Infront. Ma chi e cosa rappresenta Infront e com’è arrivata a gestire la vendita dei diritti televisivi di uno dei campionati di calcio più importanti del mondo?
Alcuni giornalisti devono essersi posti questa domanda, visto che sia Repubblica che il Fatto Quotidiano, pochi giorni dopo la missiva consegnata dalle società “dissidenti” agli organi direttivi della Lega, si sono occupati con toni non proprio lusinghieri di questa società, accusata di gestire una materia cruciale in modo poco trasparente.
Il Fatto si sofferma sulla genesi di Infront Italy: nasce nel 2006, quando il gruppo svizzero Infront Sports & Media AG acquisisce il 100% di Media Partners, società leader del mercato italiano già dalla fine degli anni ’90, fondata da Marco Bogarelli. Pochi anni dopo, nel 2008, Infront Italy straccia clamorosamente la concorrenza di avversari quotati (come Img, Mediobanca o Rothschild), diventando primo advisor della Lega Calcio. Tra le società clienti di Infront per la gestione di marketing e sponsoring troviamo Milan, Lazio, Palermo, Cagliari e Genoa, i cui dirigenti, guarda caso, fanno parte del consiglio direttivo di Lega.
A rappresentare Infront, dietro una lauta remunerazione (circa 370.000 euro annui), l’attrice tedesca Sabina Began, nota più come “ape regina” della breve stagione del bunga-bunga (e amante autodichiarata di Berlusconi) che per le sue prestazioni artistiche (tra cui ricordiamo un immortale “Aitanic” al fianco di Nino D’Angelo). Infront non ha perso tempo a smentire il rapporto di collaborazione con l’attrice, ma l’interessata conferma, dichiarando a “Libero” che la consulenza sarebbe stata una sorta di premio concesso dall’ex premier per “aver convinto Shevchenko a tornare al Milan”, nonostante il sontuoso ingaggio percepito dall’attaccante ucraino al Chelsea.
La gestione di Infront negli ultimi anni, però, suscita parecchi malcontenti: in primis, l’attuale presidente della Lega di B Andrea Abodi: un tempo socio di Bogarelli (almeno fino al 2010), successivamente divenuto grande avversario dell’attuale presidente Beretta alle ultime elezioni di gennaio, sostenuto da Juve, Inter, Roma e Fiorentina. Al di là dei giochi di potere, il problema principale è un altro: il campionato italiano risulta eccessivamente dipendente dai diritti televisivi rispetto agli altri campionati europei (60% dei ricavi contro il 30% circa a livello europeo), mentre per quanto riguarda stadi, marketing e merchandising, le società italiane sono ancora decisamente indietro rispetto alle omologhe tedesche, inglesi o spagnole. Per non parlare dei biglietti venduti, degli abbonamenti e dell’indotto (ossia dei ricavi di ciò che si acquista il giorno della partita, inclusi accessori, beveraggi e cibarie), dove i clubs italiani risulterebbero indietro rispetto a gran parte di quelli europei.
Peraltro, la distribuzione dei diritti televisivi in Italia appare eccessivamente sbilanciata a favore delle “grandi”. Se in Inghilterra, la ripartizione dei ricavi (decisamente più alti rispetto alla Serie A) è più equa (50% suddiviso in parti uguali tra i 20 club di Premier, 25% in base alla classifica stagionale e 25% in base alle partite trasmesse, per non parlare dei diritti esteri, equamente ripartiti tra tutte le società), in Italia sono suddivisi in parti uguali solo al 40%, mentre il 30% è ripartito in base al “bacino d’utenza” e il restante 30% in base a parametri legati ai risultati ottenuti da ciascuna squadra (considerando anche, in parte, risultati ottenuti dal secondo dopoguerra in avanti).
In sostanza, il prodotto calcio dovrebbe uscire dal circolo vizioso dei diritti televisivi per “diversificare” gli introiti, ma, senza un cambio di strategia, ciò non sembrerebbe possibile. Le “sette sorelle” hanno lanciato un campanello d’allarme (considerando anche che il contratto della Infront è in scadenza), ma il timore è che, come spesso accade in Italia, la vicenda possa concludersi in maniera gattopardesca. Tutto cambi affinché nulla cambi. Speriamo che sia solo un’impressione sbagliata…