Firenze non è una piazza facile dove fare calcio. Lo sanno bene i Della Valle, proprietari della Fiorentina dal lontano 2002. Dimenticati i fasti dell’era Cecchi Gori, quando la Viola faceva parte delle “Sette sorelle” e poteva lottare per lo Scudetto sfumato nel 1999 dopo l’infortunio di Batistuta e la fuga di Edmundo verso i lazzi del Carnevale di Rio, la Viola ha dovuto ripartire dalla Lega Pro.
Tornare in A nel giro di due stagioni e arrivare in pochi anni a lottare per la Champions League non è bastato ai tifosi della Fiorentina, squadra eternamente sospesa nel limbo che separa le grandi dalle piccole. Sembra un paradosso, ma tra i Della Valle e la piazza c’è un rapporto a dir poco conflittuale. Colpa della gestione di piccolo cabotaggio degli imprenditori marchigiani, contestati da tutta la piazza per l’incapacità “voluta” di compiere il tanto atteso salto di qualità.
I tre quarti posti conquistati con Montella sembravano un buon punto di partenza ma, dopo l’arrivo sulla panchina viola di Paulo Sousa, il filo teso che collegava il pubblico alla società ha finito per spezzarsi. Un po’ per la scelta di ingaggiare un allenatore dal passato juventino, un po’ per lo scarso attivismo sul mercato che ha finito per indebolire la rosa dopo le pesanti cessioni, in ordine di tempo, di Jovetic, Salah e Marcos Alonso, i tifosi viola hanno dissotterrato l’ascia di guerra.
Eppure la Fiorentina rimane una squadra di medio-alto livello. Tre difensori importanti (Astori, Tomovic e Gonzalo Rodriguez), diversi centrocampisti di qualità e una punta centrale fortissima (Kalinic) rappresentano il perno di un gruppo che negli ultimi anni ha raggiunto alcuni traguardi importanti, tra cui la finale di Coppa Italia persa con il Napoli e una semifinale di Europa League.
Dal punto di vista tattico e dell’approccio in campo, l’ingaggio di Paulo Sousa ha rappresentato una scelta di continuità rispetto alla gestione tecnica di Montella. Da anni la Fiorentina pratica un gioco esteticamente apprezzabile, basato su tre difensori centrali e un centrocampo imbottito di palleggiatori abili a scambiarsi il pallone in orizzontale, oltre che negli inserimenti senza palla.
Quest’anno la Fiorentina ha sempre giocato con il 3-4-2-1, che in fase di non possesso si trasforma in un 4-4-1-1 con lo scivolamento sulla linea dei difensori dell’esterno di sinistra (Milic), solitamente più difensivo del collega presidiante la fascia destra (Tello o Chiesa, figlio di Enrico). Domenica sarà assente Bernardeschi, il pericolo pubblico numero 1 della trequarti viola: dietro all’unica punta Kalinic – reduce da un piccolo infortunio – dovrebbero giostrare Ilicic e Saponara.
Samp e Fiorentina, dal punto di vista dell’atteggiamento e del sistema di gioco, non sono poi così distanti. Si tratta di due squadre più predisposte a costruire che a schermare il gioco avversario, gestendo il pallone il meno possibile per poi verticalizzare all’improvviso nel tentativo di sfruttare i rapidi inserimenti dei propri centrocampisti incursori (su tutti Praet e Borja Valero).
La sfida di domenica alle 12.30 sarà in un certo senso anche uno scontro diretto per l’ottavo posto. In questo momento la Fiorentina occupa l’ottava piazza con 51 punti, quattro in meno dell’Inter che sarebbe qualificata al terzo turno preliminare di Europa League, mentre la Samp è nona a quota 44 punti. Pochi per lottare per l’Europa, ma abbastanza per mirare all’ottavo posto.
ROBERTO BORDI