Queste considerazioni nascono come risposta da una serie di commenti lanciati su fanzine, blog e siti genoani in merito ad una parte della campagna abbonamenti 2013-2014 dell’Unione Calcio Sampdoria.
Siamo tutti d’accordo che l’agenzia pubblicitaria che ha ideato e prodotto il marketing di questa campagna non abbia certo colto nel segno, sbagliando grossolanamente l’uso delle parole (“A partire da 50 euro” suona decisamente offensivo e sminuente) e perdendo l’impatto visivo con il pubblico per colpa di uno smodato utilizzo del colore bianco sullo sfondo.
I cugini, noiosi come sempre, si sono buttati sull’atavismo della loro storia per confezionare i soliti cartelloni adorni di facce stanche, sentendosi comodi comodi sul loro vellutino consunto e quindi liberi di esprimere il loro scherno nei confronti dei nostri testimonial.
Chissenefrega, direte voi.
Ebbene, una cosa c’è che non mi va giù ovverosia quella pletora di invettive contro il buon vecchio Pietro, centoquattrenne blucerchiato ancora in una forma strepitosa.
L’ironia ha colpito questo simpatico nonnetto gagliardamente sampdoriano con umorismo del tipo “e prima che cosa tifava?” “per quarant’anni non si è accorto del calcio” e via dicendo.
Nel mio pensare, questa polemica si riallaccia ad un altro storico cavallo di battaglia utilizzato dai rossoblù in ogni discussione intrapresa con un sampdoriano, ovvero le radici non genovesi dei nostri tifosi.
A parte il fatto che sentirsi tacciare di “non genovesità” da chi è stato fondato da un manipolo di nostalgici inglesi suona profondamente ridicolo, resta la consapevolezza da parte nostra che la percentuale di tifosi non genovesi di allora (e di oggi) debba restare un vanto per noi in quanto essi sono stati portatori di un bagaglio di vicende personali capaci di aggiungere poesia e romanticismo alla narrazione blucerchiata.
Pietro, come tanti allora, tifava Sampierdarenese ed andava a vedere le partite della sua squadra del cuore nel mitologico campo di Villa Scassi (la scatola di pillole), il quale sorgeva dove oggi scorre via Cantore. Nel 1946 non potè fare altra scelta che legarsi ai nuovi e moderni colori blucerchiati che ancora oggi a distanza di sessantasette anni lo rendono orgoglioso.
Molti che poi negli anni divennero nonni fecero, allora, la stessa scelta. Anche chi all’epoca era immigrato nel capoluogo ligure in cerca di una nuova vita, nel maggior numero dei casi sceglieva consapevolmente di tifare Sampierdarenese.
In primo luogo perché l’allora cittadina rivierasca offriva alloggi e opportunità di lavoro e quindi era facile terreno d’approdo per chi proveniva da Napoli, dalla Sicilia o da qualche altra povera regione del sud Italia. Arrivati a Sampierdarena, se si tifava il giuoco del pallone, si sceglieva dunque la squadra di casa, non fosse altro che per favorire la successiva integrazione con gli abitanti del posto.
In secondo luogo, e non meno importante, si sceglieva di tifare Sampierdarenese perché era la compagine amata dal proletariato dell’epoca, espressione calcistica di una cittadina fieramente operaia.
Il Genoa (ma anche la centralissima Andrea Doria) era la formazione dei ricchi, dei nobili e dei padroni. A meno che non si fosse crumiri nel più profondo dell’animo, andare allo stadio a braccetto con coloro i quali padroneggiavano la vita economica e sociale della città non era certo cosa da tenere in considerazione.
Ad unire le due anime della città ci pensò poi una serie di riunioni tenutesi nel Bar Roma che diedero vita alla nostra amata Unione Calcio Sampdoria. Chi amava la Samp, chi tifava Andrea Doria, ebbe un’unica soluzione disponibile e così, da subito, si andò alla conquista sportiva della città.
Nonno Pietro e tanti altri allora videro la loro passione fin da subito premiata, quel 3 Novembre 1946 in cui Baldini-Frugali-Fiorini misero il bavaglio alla boria rossoblù dei nove scudetti.
Oggi, dopo trentotto derby vinti ed una superiorità dimostrata sul campo cinquantasei volte su sessantasette, non possiamo lasciare che le parole dei “cugini” rimangano in aria senza replica.
La nostra Storia va difesa con orgoglio e con essa le nostre radici, per guardare al futuro consapevoli di un passato glorioso che di certo non può essere intaccato dall’abbaiare molesto di qualche solito e noto represso.
3 commenti
chi è la penna che ha scritto questo articolo cosi mi premuro di tirargli una sassata in piena fronte?…ho ancora da smaltire la rabbia per la Coppa Italia……
Bellissimo articolo, anche se L’esule non ha di meglio da fare che sbirciare i nostri blog ed addirittura commentali.. Il sasso mettitelo al collo e buttati in mare!!
Trevor, la mia figura è parte integrante di questo blog…..commenti inclusi.