Correa ha firmato, arriva il primo acquisto sostanzioso dell’epoca Ferrero. Andiamo dunque alla scoperta del giovane argentino, considerato uno dei migliori talenti del suo paese.
Chi è e come si schiera in campo il nuovo blucerchiato, giocatore che Ariedo Braida ha pubblicamente definito “il migliore che c’è adesso in Argentina”?
Carlos Joaquin Correa nasce il 13 agosto 1994 a Juan Bautista Alberdi, cittadina della provincia di Tucuman (nord-ovest dell’Argentina); il soprannome El Tucu deriva proprio dalle origini geografiche del ragazzo. Centrocampista, molto alto (1,88 mt per 76 kg), destro di piede ma capace di controllare anche con il sinistro, è dotato di un tocco elegante e felpato, di un ottimo dribbling e di una certa velocità negli inserimenti, mostrandosi spesso capace di smarcarsi a rete con destrezza e fornire un buon numero di assist ai compagni. E’ un trequartista classico, spesso schierato come ala sinistra (con licenza di avanzare, se necessario) nel 4-4-2; talvolta è stato paragonato all’ex palermitano Javier Pastore per le accelerazioni palla al piede e per la precisione nel tiro.
Talento precoce, è proprio Juan Sebastiàn Veron, la Brujita, a notare le doti del giovane Tucu, segnalandolo ai tecnici della prima squadra del prestigioso team platense, ossia l’Estudiantes.
Sotto l’ala protettiva di Juan Sebastian, Joaquin esordisce in prima squadra a 17 anni, il 19 maggio 2012, contro il Banfield, subentrando negli ultimi minuti di gioco al futuro napoletano Duvan Zapata. 3 presenze nel 2011-12, 8 nel 2012-13; tutti scampoli di gara, ma il talento si vede.
Nel dicembre 2012 l’Inter lo invita a sostenere un provino ad Appiano Gentile, in vista di un probabile ingaggio per la Primavera. La sua prima esperienza italiana dura un paio di settimane. L’esito del provino è soddisfacente, ma i dirigenti dell’Estudiantes rifiutano l’offerta di Moratti di 2 milioni di euro per l’80% del cartellino. Veron sentenzia: El Tucu non è pronto per l’Europa. Joaquin rientra quindi in Argentina, con l’obiettivo di assicurarsi un posto al sole in patria, prima di tentare la sorte dall’altro capo dell’Atlantico.
Nella seconda metà del 2013, Correa esplode: in una stagione e mezza diventa titolare fisso, disputando 42 gare e 4 reti in Primera Division, a cui vanno sommate le 6 gare (e 1 rete) della Copa Sudamericana 2014.
Il resto è storia recente: in autunno si scatena una bagarre tra diverse squadre europee (Monaco, Psg, Benfica e Manchester City) per assicurarsi le prestazioni del Tucu. Il City deve rinunciare all’operazione a causa del fairplay finanziario imposto dall’Uefa di Platini e a questo punto la spunta la Samp, grazie alla tenacia di Osti e Pecini e all’ottimo rapporto tra Veron – nel frattempo diventato presidente dell’Estudiantes – e la società di corte Lambruschini (e l’ex compagno Sinisa): si chiude sulla base di 10 milioni di dollari, con l’obbligo di pagare il 50% alla firma del contratto, più una clausola sulla futura rivendita (oscillante tra il 3 e il 5%) a favore degli argentini.
Al suo arrivo in Italia Correa ha ripreso in mano le pratiche per ottenere il passaporto italiano (in virtù di bisnonni calabresi), avviate ai tempi del suo provino all’Inter.
4 commenti
Non dategli la casa che fu di Rodriguez (non si sa mai).
Neanche quella di Bottinelli, al ragazzo occorreranno comunque due-tre mesi per capire dov’e’, alimentazione, lingua, tipo di allenamento e gioco, a meno che non sia un vero crack, per dirla alla sudamericana. Ci vorranno pazienza e sostegno per raccogliere i frutti di quello che e’ realmente un grande investimento, a prescindere dalla formula di acquisto.
Calma e pazienza non chiediamogli subito di far scintille. Se ha qualità, verrà fuori.
Intanto, Kramaric lo ha preso il Leicester, sotto il controllo del Chelsea. Peccato, io lo avrei preso al posto di Okaka.
E mi sa proprio che Okaka, da indispensabile e inamovibile com’era, sta diventando anche un possibile partente senza che alcuno si strappi le vesti…… Lui ne fa pochi e non potendo schierare una punta vera allora i gol(s) chi li fa? E’ un bel dilemma e bisogna comunque uscire da questo impasse. Perchè una squadra impostata così (a parte domenica…) subisce poco ma realizza altrettanto ed ecco il numero un pò troppo elevato di pareggi. E domenica qualcosa mi dice che bisogna stare attenti a Maccarone……..E’ il classico attaccante che gioca e segna in una sola squadra…… E quindi bisogna buttarla dentro, almeno due volte….