1970-2014, cosa è cambiato? Pubblichiamo il ricordo di Roberto, grande sampdoriano, un “Angelo del fango” nel 1970 che ha visto troppe volte la nostra città piegarsi sotto l’acqua. Piegarsi e poi rialzarsi: ma ogni volta è una fatica sempre più dura.
L’alluvione dell’uomo.
“Immerso nel fango della nostra amata Genova vedo un giovane col viso inzaccherato, gli stivali dal colore di pantano, gli occhi stanchi ma ancora pregni di volontà, la decisa risolutezza che, con i suoi amici, lo porta a donare sé stesso, a porgere un aiuto concreto con quel senso civico e di comunità che è cosa essenziale affinchè questa povera società di uomini non affondi del tutto nel liquame nauseabondo di un’epoca che sta perdendo il senso etico della vita.
Lo guardo con affetto e rivedo un altro ragazzo affondato nella mota scura di Via Gramsci. Era il 1970 ed avevo da poco terminato il servizio militare quando la grande alluvione mise letteralmente in ginocchio non solo la città, come più o meno è avvenuto in questi giorni, ma tutto il comprensorio, le delegazioni, Rivarolo, Sestri, Sampierdarena e Voltri, in particolare, che fu letteralmente spianata da quell’evento catastrofico.
Con i miei compagni, dopo aver ripulito per intero un grande negozio di fronte al porto, il cui titolare peraltro nemmeno ci ringraziò, partimmo con i camion dei soldati americani che ci condussero nell’estremo ponente cittadino.
I 46 morti di cui parla l’ufficialità in effetti furono molti di più. Non pochi, dal mare di Voltri, finirono addirittura in Francia. Diversi cimiteri, come quello della Cabona in Val Polcevera, furono letteralmente rivoltati e si vedevano diverse bare galleggiare nella piena furiosa delle acque e attraversare i centri abitati.
Per noi che fummo soprannominati “angeli del fango” fu un gravoso impegno per giorni e giorni di fatica ma anche una grande soddisfazione personale nella convinzione che quel travaglio portava aiuto e conforto a intere popolazioni private di ogni bene, a partire dalla casa.
Ecco, quel ricordo oggi mi rattrista nella constatazione che tanti anni in fondo sono passati invano e allora credo di poter dire, come giustamente afferma Maurizio Maggiani, che tutti siamo colpevoli e nessuno può accusare senza sentire anche una minima responsabilità per tutto ciò che la politica ha fatto ( o non fatto) in questo lungo periodo.
La cementificazione selvaggia è solo colpa dei soliti “palazzinari” o anche di noi cittadini che non abbiamo fatto alcunché per impedire quegli scempi?
Ci siamo semplicemente voltati dall’altra parte e tanti hanno preferito abitare in quelle case (specie al Sud) che, ignoranza ed approssimazione, impedivano di vedere come autentiche trappole nel futuro “ribelle” della natura.
Andava bene così salvo poi recitare il solito e abusato mantra del “ci hanno lasciati soli”.
Ciò che mi turba, in questo come in altri casi, è che si è sempre portati ad accusare i “politici” come se questi venissero, come “alieni”, da un altro mondo.
Eh no, cari signori, quelli seduti sugli scranni, cittadini, regionali e statali, siamo proprio noi, abbarbicati sui nostri egoismi e tutti presi dal condurre in porto la nostra barchetta senza vedere che il mare in tempesta e l’alluvione prossima ventura cancellerà in un sol colpo i nostri meschini solipsismi.
Il grande filosofo Ludwig Wittgenstein, nel suo “Tractatus logico-philosophicus”, affermava che “ su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. Se tutti si attenessero a questo invito probabilmente vivremmo, assai meglio di ora, in una sorta di silenzio cosmico. E forse anch’io ho peccato in questo senso ma mi va di concludere con una di quelle proposte che il grande “mostro” imperante, ciò che più di ogni cosa io detesto a questo mondo, la “burocrazia”, giudicherebbe, ovviamente, impraticabile.
E non si fa fatica a comprenderne i motivi… Per ogni sorta di lavoro pubblico con bando di concorso si stabilisca un comitato “super partes” che valuti, inappellabilmente, le offerte, e una volta stabilito il vincitore non ci sia possibilità di effettuare ricorsi.
Sic stantibus rebus.
E se qualcuno dei “valutatori” si “sporca” con qualche mazzetta? Saprà da prima che il legislatore ha previsto per lui una pena severissima. Magari trent’anni di galera senza patteggiamenti…..Un mio caro collega, che non c’è più, usava un termine “desueto” che pure oggi sarebbe così attuale. Lui parlava, per chi commette reati, di “castigo”. E’ una pratica che non viene molto seguita e se ne vedono i risultati. Forse ci vorrebbe un novello Robespierre per sistemare la masnada di mascalzoni che infesta e infetta questo nostro povero paese e concludere con lui che “la virtù produce la felicità come il sole produce la luce.”