Roberto, memoria blucerchiata, ci racconta gli aneddoti della storia dei nostri colori. E’ il 1966, partono i primi treni speciali carichi di tifosi che seguono le trasferte della Sampdoria
SETTEMBRE 1966
Dopo la triste, un pò ingiusta, ma se vogliamo anche ineluttabile, prima retrocessione, il campionato 1966/1967 si presentò subito come quello dell’orgoglio ritrovato e dell’immediata risalita in Serie A. La squadra non fu molto ritoccata a parte l’acquisto di un attaccante che risultò determinante. Fulvio Francesconi, detto “Corvo”, vinse infatti la classifica dei cannonieri con 20 reti.
Quell’anno le promozioni furono solo due e ben quattro le retrocessioni tra le quali purtroppo quella del neo-promosso Savona che tornò tra i semiprofessionisti nonostante i 15 gol a testa segnati dai suoi attaccanti Gilardoni e Prati. Un caso più unico che raro.
Noi avevamo confermato alla guida della squadra Fulvio Bernardini quantunque, pur in coabitazione con Pinella Baldini, non fosse riuscito l’anno prima a salvare la barca dalla caduta in serie B. E pensare che nel 1964 aveva vinto lo scudetto con il Bologna nel mitico spareggio all’Olimpico contro l’Inter di Helenio Herrera proprio il giorno del nostro scontro finale, a S.Siro, con il Modena.
Allora si diceva che la mossa determinante fu quella di mettere il terzino Capra all’ala sinistra tanto da scombussolare le idee al “Mago” H.H. Vista con gli occhi del perfezionismo moderno sembra una cosa molto ingenua. Non so che dire anche perché in materia non mi sono mai ritenuto un tecnico da panchina come gli svariati milioni di tifosi sparsi per la penisola.
E comunque non ho mai capito perché un allenatore scudettato, dopo un solo anno, decise di venire alla guida di una, diciamolo pure, anche se mi dispiace ammetterlo, “provinciale”.(E qui dovrei aprire un lungo capitolo riguardo il fatto che ho sempre sofferto il fatto che la Samp fosse definita tale…..Desideravo il Doria “grande”. Ma tantè….).
Bernardini era un uomo elegante, simpaticissimo, che però, in prima battuta, metteva una certa soggezione forse per il grande carisma che aveva ed il successo conquistato sul campo. Ma si adattò benissimo nell’ ambiente blucerchiato e ben presto divenne un amicone per tutti.
La nostra cavalcata vincente cominciò con un roboante successo a Verona (3-0) con il “Corvo” sugli scudi (doppietta per lui).
Ma quello fu anche l’anno delle prime trasferte organizzate con i treni speciali.
Qui ne voglio ricordare una perché avvenne in un periodo in cui con le ragazze non andava particolarmente bene ed i miei amici, quel giorno e per questo motivo, preferirono dedicarsi a quella “caccia”, a parte Franco che invece mi convinse ad andare in quel di Reggio Emilia.
Quella mattina del 25 settembre 1966 mi presentai presto sotto casa sua che dista poche decine di metri dalla Stazione di Rivarolo. Piovigginava ed il mio umore non era dei migliori. Pensavo sempre se quella fosse stata la decisione migliore ma quando lo vidi uscire dal portone tutto bardato di blucerchiato con sciarpa e bandiera allora mi prese un po’ di entusiasmo che però fu subito spento da un fatto che mi gettò nello scoramento più totale. Lungo la strada, sul muro, notai uno di quei manifesti che annunciavano le trasferte della Samp e sulle strisce bianche una mano anonima aveva scritto una frase che mi trafisse nello spirito e che fu il paradigma dell’amletico dubbio “Ragazze o Samp?”. Si leggeva, con grande sarcasmo, “A scemi do belin che piggiè da mussa!”(Quella cosa, detta in genovese, che piace, più o meno, a quasi tutti gli uomini). Fu una stilettata che mi fece molto male anche perché riduceva tutti noi, tifosi da trasferta, ad una banda di falliti sul lato pragmatico(?) della vita. Quelli che andavano a ballare, invece, erano i furbi….(sigh!).
Ma il buon Franco, che da tanti anni è passato a miglior vita e qui voglio ricordare con affetto e simpatia, mi tirò su con il sacro fuoco della sua euforia ed insieme raggiungemmo il binario in attesa del treno e ci aggregammo a tutti gli altri con i grandi capi Oreste Parodi e Gloriano Mugnaini.
La partita non fu un granchè. Finì in parità con reti di tal Fogar per i reggiani e del solito Salvi per noi. Ricordo, in particolare , che la parte dietro le porte del campo Mirabello era nera come il carbone.
Al ritorno, tra uno scompartimento e l’altro, c’era sempre, tra i più anziani, chi rievocava la trasferta dal punto di vista culinario. Erano quelli che, oltre che per la Samp, si muovevano per assaggiare le prelibatezze delle tavole italiane.
Ricordo ad esempio il Cocozza che, dopo aver chiesto le nostre impressioni sulla cucina reggiana (mi vergognavo a dire che, per risparmiare, avevamo mangiato un panino con la birra…..) si lanciò nel lungo elenco di meravigliosi assaggi che lui con i suoi “amici di forchetta” avevano provato. “N’an portou de fiammenghille…..” (in genovese, grandi piatti ovali, n.d.r.) e giù a raccontare di tortelli e bolliti innaffiati da bottiglie di ottimo Lambrusco.
Nel frattempo il mio pensiero andava a quelli rimasti a Genova e alle loro conquiste salvo poi, il giorno dopo, verificare che quella “cosa”, come sempre, non l’avevano presa, mentre io avevo vissuto un momento da ricordare che ancora oggi, a distanza di tanti anni, posso rievocare e raccontare con il sorriso autoironico di chi ha provato qualcosa di speciale.
ROBERTO C.
6 commenti
Bell’articolo e anche bei ricordi di quell’anno 1966-67: a quel tempo frequentavo la seconda elementare, e ho potuto conoscere, proprio in quella stagione ancora inconsapevolmente attraverso le figurine Panini di Salvi e Francesconi, quella che negli anni dell’adolescenza, tra difficoltà ambientali ad Oregina, in senso sportivo, facilmente identificabili, sarebbe diventata la mia squadra del cuore per sempre: da quel mitico 1966, al ritmo di “Ma che colpa abbiamo noi” dei Rokes e “Bandiera gialla” di Gianni Pettenati è iniziata la mia cultura musicale (il Rock) e sportiva (la Samp).
Grazie
Un saluto anche al Cocozza che, se intendiamo la stessa persona, è stato per tanti anni un mio collega.
gran bell’articolo che fa notare quanto bella è sempre stata la nostra tifoseria che si muoveva per l’amore dei magici colori prima di diventare (una parte non tutti) naif e con la puzza sotto il naso!!!!!di sicuro ci sara’ stato anche mio papa’ che ringrazio perche’ mi ha fatto scegliere la squadra giusta!!!!
Per modernist 359: il Cocozza tuo collega probabilmente è il nipote del Cocozza in trasferta(1966) che è molto più “anta” di me. L’ho perso di vista da decenni ma se è vivo sarà sui novanta e oltre….
Il Cocozza che conosco io è del 1955, ed è andato in trasferta anche lui ma negli anni settanta. In casa invece partiva dalla Val Polcevera in vespa con un amico munito di un bandierone di 6 metri!
Comunque grazie Roberto48.
Allora dovrebbe essere Roberto Cocozza (nipote del Cocozza che era sul treno per Reggio Emilia) che abitava nel mio palazzo in Via Rasori a Certosa al terzo piano. Ha lavorato al SecoloXIX come correttore di bozze.
Si è proprio lui ed è ancora a Certosa.